A Èze ci siamo andate che era gennaio – io & Tabby Cat, ma era un po’ come se fosse primavera, e questa escapade in Costa Azzurra era d...

Èze - nidi d'aquila (o forse di cuculi) Èze - nidi d'aquila (o forse di cuculi)

maggio 2020


A Èze ci siamo andate che era gennaio – io & Tabby Cat, ma era un po’ come se fosse primavera, e questa escapade in Costa Azzurra era diventata anche una sorta di fuga dall’inverno, dal freddo nelle ossa, dai pensieri bui. Èze è stata una decisione estemporanea: ce l’ha suggerito la mia amica Monica, che siamo andate a trovare a Mentone il giorno prima – è un nido d’aquila, ci ha detto, è una chicca medievale. “Nido d’aquila” non l’ho mai sentito dire, mi fa venire in mente un film, ma non un film vero – un film che mi sono inventata io adesso sul momento, una specie di mix fra “Là dove osano le aquile” e “Qualcuno volò sul nido del cuculo”: e lo sappiamo tutti benissimo che i cuculi non fanno il nido ma vanno a depositare il loro uovo nel nido di altri uccelli – e se fosse stato proprio un cuculo ad osare avvicinarsi ad un nido di aquila? E come crescerebbe un cuculo, che è un uccello abbastanza bruttino e sgraziato, se venisse allevato da delle aquile? Magari complessato, o, magari, al contrario, se i suoi genitori aquila gli avessero pompato l’autostima all’inverosimile, facendogli credere di essere un’aquila anche lui, sarebbe diventato uno di quei personaggi insopportabili che si atteggiano molto al di sopra della loro reale sostanza. Insomma, ne verrebbe fuori un film bellissimo – una sorta di antitesi ai libri di Anthony De Mello: niente aquile che si credono polli, solo cuculi che si credono aquile.

Quello che mi aveva colpita di Malta è stato che non era uguale a nessun altro posto che avessi mai visto prima di allora. Malta è un’isola ...

Mdina, il cuore antico di Malta Mdina, il cuore antico di Malta

maggio 2020


Quello che mi aveva colpita di Malta è stato che non era uguale a nessun altro posto che avessi mai visto prima di allora. Malta è un’isola minuscola, a ben vedere, ha un diametro di appena 20 kilometri, eppure in questo suo sottile lembo di terra che galleggia nel Mediterraneo, ci sono condensati tanti mondi diversi – tanto che la loro mescolanza, la loro convivenza, in orizzontale nello spazio e in verticale nel tempo, in questo fazzoletto ha creato un mondo tutto nuovo, un misto fra Medioriente, Italia del Sud ed Inghilterra.

La città fortificata di Mdina è il cuore antico di questo strano bazar di mondo, e racchiude fra le sue spesse mura color avorio l’essenza di questa sfumatura unica che hanno assunto le diverse anime che hanno originato Malta quando si sono fuse insieme. Si trova sopra un’altura, domina come una sentinella tutta l’isola ed è nata così – come una fortezza: già i Fenici l’avevano concepita in questo modo, e i Romani e gli Arabi che si sono poi susseguiti nel suo possesso non hanno fatto altro che incoraggiare questa sua natura, renderla sempre più inespugnabile, sempre più guerriera. Nel Medioevo diventa il centro di potere principale dell’isola, la Città Notabile, residenza di tutta l’aristocrazia e sede del Consiglio. Anche il potentissimo Ordine cavalleresco di San Giovanni ne fa il suo centro nevralgico – finché un terremoto nel XVII secolo non la danneggia e spinge tutti gli stakeholders degli affari maltesi a spostarsi altrove, a La Valletta e in altre città che hanno uno sbocco sul mare. Mdina dunque pian piano viene abbandonata, va in pensione e diventa solamente un luogo di villeggiatura per l’aristocrazia. Oggi conta appena 300 abitanti e, ai suoi antichi soprannomi deferenti da nobile guerriera, ha sostituito quello di Città del Silenzio – che sa forse di fantasmi e cose che non ci sono più, ma che le rimane come un diadema del suo splendore passato, del suo fascino misterioso ricco di segreti e bisbigli.

Il fascino di Helsinki è un fascino da introversa. Non è una città che si faccia notare: non ha monumenti sontuosi, non ha un cuore antico c...

Helsinki e ciò che è sostanza Helsinki e ciò che è sostanza

maggio 2020


Il fascino di Helsinki è un fascino da introversa. Non è una città che si faccia notare: non ha monumenti sontuosi, non ha un cuore antico con vicoli pittoreschi – sostanzialmente, non ha qualcosa, sulla superficie, che sia unico e distintivo. La sua personalità sta tutta nell’atmosfera, più che nell’apparenza: è una capitale, ma circondata da isolette, con il mare che fa capolino all’improvviso, come una sorpresa, da qualunque parte ci si trovi. Ha un’eleganza discreta, fatta di colori tenui e sobri, di linee neoclassiche e, ogni tanto, qualcuna che vira inaspettatamente verso qualche voluta art nouveau – austera, ma con grazia, con delicatezza.

È una città che ama il verde, il silenzio, l’armonia del design. È una città che forse non ti fa innamorare subito: te ne vai con una sensazione neutrale, dicendoti che non ti è dispiaciuta ma nemmeno ti è entrata nel cuore – eppure continui a pensarci. Ed è difficile dire che cosa esattamente ti abbia colpito: ha più a che fare con una sensazione che non con una lista di cose – la giri relativamente in fretta se ci vai come turista; però avresti voglia di tornarci, e ti dici persino che è un posto in cui non ti dispiacerebbe vivere. Il fascino introverso funziona così, di solito: non colpisce sempre e non colpisce tutti, ma, quando lo fa, va a toccare corde profonde, e finisce per legarti in un modo che razionalmente non saresti in grado di spiegare. Per le persone ha a che fare con gli occhi, con la luce che hanno e con le cose che dicono che le parole non riuscirebbero a tradurre; per le città invece ha a che fare con l’aria che respiri camminando per le loro vie, con l’atmosfera che le scorre attraverso, che può essere un’onda o una musica. In entrambi i casi, alla fin fine, ciò che conta è come sanno farci sentire.

 

In realtà, quando dico che la tafofilia è una predilezione un po’ di nicchia, che si è sempre un po’ titubanti a tirare fuori con persone c...

Pére-Lachaise, la rock star dei cimiteri Pére-Lachaise, la rock star dei cimiteri

maggio 2020


In realtà, quando dico che la tafofilia è una predilezione un po’ di nicchia, che si è sempre un po’ titubanti a tirare fuori con persone che si conoscono poco bene per timore di apparire macabri o necrofili – mi dimentico sempre di lui, che, se a mio modesto parere può anche non essere il Re assoluto dei cimiteri monumentali, perlomeno ne è sicuramente il Presidente Esecutivo: il Pére-Lachaise, ovviamente. Il celebre luogo di sepoltura parigino conta infatti una media di tre milioni di visitatori l’anno – e questi numeri fan sì che si sieda abitualmente sul podio delle attrazioni più gettonate della capitale francese, assieme alla Tour Eiffel e alla cattedrale di Notre-Dame, solitamente sorpassando addirittura Montmartre (secondo me è colpa di tutti quei gradini). Insomma, una vera e propria rockstar all’interno dell’universo introspettivo e notturno dell’arte funeraria, che di solito è appannaggio esclusivo di palati a proprio agio con le ombre e con l’accettazione della parte dolorosa della vita – ma che, in questo eccezionale caso, ha saputo evidentemente in qualche modo estendersi anche ad un pubblico più ampio.

La mia anima statistica sarebbe ora curiosa di sapere quale sia la motivazione che porta un così alto numero di turisti a varcare i cancelli del Pére-Lachaise, per capire quale sia il fattore che riesca a renderlo così popolare rispetto ai suoi colleghi cimiteri monumentali altrettanto ricchi di arte e fascino ma decisamente più snobbati. Vengono tutti solamente per visitare la tomba di Jim Morrison (ve l’avevo detto che era una rockstar), magari non degnando nemmeno di uno sguardo tutte le altre incantevoli opere che si possono incontrare inoltrandosi di appena qualche vialetto più in là? Oppure è una pura e semplice questione di marketing – e anche Highgate, se fosse più pubblicizzato, diventerebbe più gettonato del Big Ben?

Non lo so – però quello che posso dire è che, sicuramente, il tratto distintivo del Pére-Lachaise è quello di portare, fra i suoi silenziosi viali alberati e la sua aura malinconica, una sfumatura romantica, a volte declinata anche su tonalità molto sensuali, che può decisamente appartenere soltanto a Parigi.

 

Questa volta, invece, è proprio da un tramonto che partiamo. Perché Nizza, questa volta, è stata il nostro Piano B: dovevamo essere alt...

Nizza - à la nuit Nizza - à la nuit

maggio 2020


Questa volta, invece, è proprio da un tramonto che partiamo. Perché Nizza, questa volta, è stata il nostro Piano B: dovevamo essere altrove, io & Tabby Cat, in un posto molto caldo e molto lontano – ma la cosa non ha funzionato. E, quindi, abbiamo scelto come alternativa di andare in un posto decisamente più vicino, ma, comunque, con una temperatura che, per essere inizio gennaio, è decisamente gradevole. Il clima è sempre mite e tiepido in Costa Azzurra, e, mentre su da noi, dietro le Alpi, il termometro non dava segno di volersi alzare al di sopra dello zero, qua i gradi si assestano generosamente attorno ai venti.
Permangono pur sempre le altre rigide regole di gennaio, e, quindi, essendo arrivate nel tardo pomeriggio, il sole all’orizzonte sta già cominciando a sbadigliare.

Ci sono viaggi che non sono soltanto scoperte, ma sono anche ritorni: ritorni alle cose del passato, ai ricordi che tieni chiusi dentro...

La mia scatola di latta del Lago Maggiore La mia scatola di latta del Lago Maggiore

maggio 2020


Ci sono viaggi che non sono soltanto scoperte, ma sono anche ritorni: ritorni alle cose del passato, ai ricordi che tieni chiusi dentro qualche scatola di latta nascosta sotto al letto dove dormivi da bambina - che sono oggetti semplici ma che, non appena li sfiori, sprigionano un milione di storie.
Il Lago Maggiore è, da Torino, la gita fuoriporta della domenica per eccellenza, e, per me, ogni suo angolo è rivestito di diversi strati geologici di memorie, uno per ciascun anno in cui ci sono tornata. In età adulta le mie visite si sono fatte più sporadiche, ma forse, da un lato, è bene così: le percezioni dell’infanzia sono dotate di un filtro speciale, che fa sembrare tutto più maestoso e grande; quindi li accantono un po’ i ricordi del lago legati all’età adulta, li piego e li metto da parte, e preferisco continuare ad indossare quelli in cui questo posto era il reame incantato della mia infanzia.
Ma, a volte, nei luoghi che conosci bene quasi quanto una dependance di una parte di te, è bello anche tornarci con qualcuno che li vede per la prima volta: farli conoscere a qualcuno che non li conosce significa anche prendere in prestito il suo sguardo e riuscire a vederli dopo tanto tempo con occhi nuovi. E la mia amica Tabby Cat è la persona ideale per sperimentare questo nuovo punto di vista, perché il suo approccio alle cose nuove è sempre carico di entusiasmo e spontaneità.

Quando si attende qualcosa, che sia fonte di gioia o fonte di ansia, il tempo è sempre dilatato: è l’attesa stessa a gonfiarlo, e cont...

Reykjavik - tramonti vichinghi e cattedrali aliene Reykjavik - tramonti vichinghi e cattedrali aliene

maggio 2020



Quando si attende qualcosa, che sia fonte di gioia o fonte di ansia, il tempo è sempre dilatato: è l’attesa stessa a gonfiarlo, e continua a gonfiarlo mentre ci cammini sopra – e ti sembra che l’orizzonte si allontani, anziché avvicinarsi. Se poi, per caso, quello che stai aspettando è un tramonto estivo in Islanda, la dilatazione percepita è ancora più infinita, perché non hai più a disposizione i tuoi comuni punti di riferimento temporali. Un tramonto estivo in Islanda arriva tardi, molto più tardi; e fin qui – è una elementare nozione di geografia. Ma il fatto è che, anche i cambiamenti di luce e di colori del paesaggio che normalmente ne sono il preludio qui sembrano essere diversi – o meglio, sono rallentati: è come se tutto durasse molto di più, un crepuscolo in slow motion che procrastina al limite del lecito tutte le sue fasi.