novembre 29, 2015
Io & York ci siamo conosciute nel 2006. Era stata una delle mie tante decisioni prese "di pancia": io, che normalmente sono t...
York, favola gotica e vichinga
Io & York ci siamo conosciute nel 2006.
Era stata una delle mie tante decisioni prese "di pancia": io, che normalmente sono talmente logica e razionale da rimanere troppo spesso impigliata nel mio stesso loop di "se" e di "ma" bloccando la declinazione concreta dei pensieri in azioni, per quanto riguarda i viaggi funziono in maniera radicalmente opposta. Funziono con la pancia, con l'istinto. Funziono sentendo un posto che mi chiama, che mi parla - un posto che mi ritrovo ovunque, fra le pagine dei libri, facendo zapping la domenica pomeriggio, nelle riviste trovate in giro per caso che sfoglio per caso: e ci devo andare. Ci devo andare e basta.
Lo decide la pancia; la testa sa benissimo di non avere nessuna voce in capitolo, e quindi nemmeno ci prova a dire la sua. Del resto già lo sa: solitamente queste scelte di pancia portano ad un innamoramento. Molto più di quanto lei stessa saprebbe mai fare, conoscendo alla perfezione il giusto mix e le giuste dose di ingredienti che, sulla carta, dovrebbero riuscire a calamitare il cuore. Eppure no - eppure nessun altro sa bene tanto quanto la pancia di che cosa esattamente abbia bisogno il cuore in quel momento per accelerare: forse perché è più vicina; forse perché sa interpretare meglio i segnali misteriosi e sotterranei che al cervello sfuggono. C'è sempre un elemento inatteso nelle scelte della pancia: un particolare in colori contrastanti, una novità , una nota che esce dal coro. Ed è proprio per questo che il mio cuore vola.
Ed è proprio per questo che amo viaggiare...
Era stata una delle mie tante decisioni prese "di pancia": io, che normalmente sono talmente logica e razionale da rimanere troppo spesso impigliata nel mio stesso loop di "se" e di "ma" bloccando la declinazione concreta dei pensieri in azioni, per quanto riguarda i viaggi funziono in maniera radicalmente opposta. Funziono con la pancia, con l'istinto. Funziono sentendo un posto che mi chiama, che mi parla - un posto che mi ritrovo ovunque, fra le pagine dei libri, facendo zapping la domenica pomeriggio, nelle riviste trovate in giro per caso che sfoglio per caso: e ci devo andare. Ci devo andare e basta.
Lo decide la pancia; la testa sa benissimo di non avere nessuna voce in capitolo, e quindi nemmeno ci prova a dire la sua. Del resto già lo sa: solitamente queste scelte di pancia portano ad un innamoramento. Molto più di quanto lei stessa saprebbe mai fare, conoscendo alla perfezione il giusto mix e le giuste dose di ingredienti che, sulla carta, dovrebbero riuscire a calamitare il cuore. Eppure no - eppure nessun altro sa bene tanto quanto la pancia di che cosa esattamente abbia bisogno il cuore in quel momento per accelerare: forse perché è più vicina; forse perché sa interpretare meglio i segnali misteriosi e sotterranei che al cervello sfuggono. C'è sempre un elemento inatteso nelle scelte della pancia: un particolare in colori contrastanti, una novità , una nota che esce dal coro. Ed è proprio per questo che il mio cuore vola.
Ed è proprio per questo che amo viaggiare...
novembre 20, 2015
Per essere giardinieri bisogna anche essere un po’ poeti, dicono. I fiori, si sa, hanno il loro linguaggio, e comporli assieme signifi...
Torino ed il suo giardiniere poeta
Per essere giardinieri bisogna anche essere un po’ poeti, dicono.
I fiori, si sa, hanno il loro linguaggio, e comporli assieme significa raccontare una storia, esprimere un’emozione. Alcuni giardinieri sanno essere poeti particolarmente abili nel colpire dritti, con dolcezza e incisivitĂ , a quel substrato della nostra anima che ha fame di bellezza.
I fiori, si sa, hanno il loro linguaggio, e comporli assieme significa raccontare una storia, esprimere un’emozione. Alcuni giardinieri sanno essere poeti particolarmente abili nel colpire dritti, con dolcezza e incisivitĂ , a quel substrato della nostra anima che ha fame di bellezza.
novembre 15, 2015
Io penso troppo. O forse sento troppo. Il mio cuore è imbottigliato, avvolto in strati ruvidi, e in altri troppo soffici, legato da spaghi...
Sestri Levante e il mio drago ingabbiato
Io penso troppo.
O forse sento troppo.
Il mio cuore è imbottigliato, avvolto in strati ruvidi, e in altri troppo soffici, legato da spaghi ormai sfilacciati eppure resistenti come cavi metallici. Mi dico che è una misura di sicurezza. Che, a volte, se dovesse essere libero, sarebbe una creatura selvaggia, una specie di drago eruttante padrone di un fuoco che non sa controllare, che non sa scaldare ma solo distruggere. Ma penso anche che, forse, è così selvatico perché è sempre stato incatenato, non ha imparato a stare al mondo, a capire che le ombre si allungano verso sera, e che quelli che sembrano giganti in realtà sono soltanto nani. Però non so se potrei liberarlo: mi è arrivato in dotazione così, impacchettato e legato - forse sarebbe troppo fragile senza tutto il suo imballaggio.
Il mio cervello spesso prova a parlargli, ma lui non lo ascolta: gli dice "Sì, va bene" e poi continua a fare quel che gli pare.
Lo tiene al guinzaglio ma lui strattona, svolazza, si gonfia e trema. Lascia sfuggire zaffate di vapore calde e dolorose.
E poi implode, si accuccia rannicchiandosi su se stesso - e a volte vorrebbe piangere: non perché sia davvero triste, ma solo per sfogarsi, per buttare fuori un po' di tutta questa cosa che ha dentro che ribolle, che non si quieta, stupida e strana, dolorosa e felice.
O forse sento troppo.
Il mio cuore è imbottigliato, avvolto in strati ruvidi, e in altri troppo soffici, legato da spaghi ormai sfilacciati eppure resistenti come cavi metallici. Mi dico che è una misura di sicurezza. Che, a volte, se dovesse essere libero, sarebbe una creatura selvaggia, una specie di drago eruttante padrone di un fuoco che non sa controllare, che non sa scaldare ma solo distruggere. Ma penso anche che, forse, è così selvatico perché è sempre stato incatenato, non ha imparato a stare al mondo, a capire che le ombre si allungano verso sera, e che quelli che sembrano giganti in realtà sono soltanto nani. Però non so se potrei liberarlo: mi è arrivato in dotazione così, impacchettato e legato - forse sarebbe troppo fragile senza tutto il suo imballaggio.
Il mio cervello spesso prova a parlargli, ma lui non lo ascolta: gli dice "Sì, va bene" e poi continua a fare quel che gli pare.
Lo tiene al guinzaglio ma lui strattona, svolazza, si gonfia e trema. Lascia sfuggire zaffate di vapore calde e dolorose.
E poi implode, si accuccia rannicchiandosi su se stesso - e a volte vorrebbe piangere: non perché sia davvero triste, ma solo per sfogarsi, per buttare fuori un po' di tutta questa cosa che ha dentro che ribolle, che non si quieta, stupida e strana, dolorosa e felice.
novembre 09, 2015
Chi ha fede li chiama "miracoli". Chi è scettico e razionalista preferisce parlare di destino. Sono punti di vista. Ma, che sia...
[I viaggiatori Ignoranti] La Sindone ed il fuoco
Chi ha fede li chiama "miracoli".
Chi è scettico e razionalista preferisce parlare di destino.
Sono punti di vista.
Ma, che sia un miracolo o un destino, sta di fatto che la Sindone è scampata al fuoco per ben due volte, e sempre in circostanze piuttosto estreme.
I punti di vista, su questi presunti miracoli o destini fortunosi, sono parecchi...
Clicca sull'immagine per leggerli sulle pagine de I Viaggiatori Ignoranti:
Chi è scettico e razionalista preferisce parlare di destino.
Sono punti di vista.
Ma, che sia un miracolo o un destino, sta di fatto che la Sindone è scampata al fuoco per ben due volte, e sempre in circostanze piuttosto estreme.
I punti di vista, su questi presunti miracoli o destini fortunosi, sono parecchi...
Clicca sull'immagine per leggerli sulle pagine de I Viaggiatori Ignoranti:
novembre 08, 2015
Secondo una statistica di qualche anno fa, Torino sembrerebbe essere la cittĂ italiana con piĂą bar e caffetterie per abitante. Ma quest...
Torino ed i suoi caffè: una storia di dolcezza
Secondo una statistica di qualche anno fa, Torino sembrerebbe essere la cittĂ italiana con piĂą bar e caffetterie per abitante.
Ma questo primato non è casuale.
La tradizione dei caffè come luogo di incontro e di appagamento della gola a Torino è molto radicata fin dal 1700, e i locali torinesi piĂą antichi sono stati teatro, oltre che di incontri, corteggiamenti e pettegolezzi, anche di importanti dibattiti culturali e di discussioni politiche che hanno concorso a creare la storia d’Italia.
Andiamo insieme a fare un giro in alcuni dei piĂą importanti (e golosi) locali storici del capoluogo piemontese, per fare un salto indietro nel tempo e riscoprire le tradizioni:
Ma questo primato non è casuale.
La tradizione dei caffè come luogo di incontro e di appagamento della gola a Torino è molto radicata fin dal 1700, e i locali torinesi piĂą antichi sono stati teatro, oltre che di incontri, corteggiamenti e pettegolezzi, anche di importanti dibattiti culturali e di discussioni politiche che hanno concorso a creare la storia d’Italia.
Andiamo insieme a fare un giro in alcuni dei piĂą importanti (e golosi) locali storici del capoluogo piemontese, per fare un salto indietro nel tempo e riscoprire le tradizioni:
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