Mi dispiaceva andar via da Siviglia senza aver visitato l'Alcazar. Ha questo nome esotico e regale, e, al di là del fatto che mi fa ...

L'Alcazar: la fiaba esotica di Siviglia L'Alcazar: la fiaba esotica di Siviglia

L'Alcazar: la fiaba esotica di Siviglia

L'Alcazar: la fiaba esotica di Siviglia


Mi dispiaceva andar via da Siviglia senza aver visitato l'Alcazar.
Ha questo nome esotico e regale, e, al di là del fatto che mi fa venire in mente un gruppetto di disco music un po' trash di fine anni '90, lo vorrei proprio vedere. Mi dà l'impressione che possa racchiudere, fra le sue volute sinuose, le sue architetture moresche ed i suoi giardini lussureggianti, una metafora particolarmente efficace dell'anima andalusa - connubio armonioso fra Oriente ed Occidente, ibrido incantevole di Europa medievale e di sontuosità nordafricana.
E dire che stavamo quasi per farlo - andare via da Siviglia senza vederlo, intendo.
C'era una coda infinita ed il nostro tempo era un po' contato.



Eppure continuavo a pensarci, mentre ero seduta a pranzare attorniata dagli azulejos della piazzetta di Dona Elvira, all'ombra degli alberi di arancio: guardavo le sue alte mura di cinta che corrono tutto intorno e mi domandavo che cosa ci potesse essere dietro. Chissà perché non c'è mai nulla come un muro per suscitare la curiosità...
Piazza Dona Elvira è una cartolina, un piccolo quadro: ci sono le fontanelle, le piastrelle dipinte, le casette bianche - c'è l'anima più antica e bella di Siviglia condensata in meno di 100 metri quadri.
L'atmosfera idilliaca viene prosaicamente sbriciolata da un merlo appollaiato su uno degli aranci sopra di me che centra appieno il mio braccio - ma per fortuna non la mia paella 2 cm più in là.
E sai che ti dico? 'Sta paella alla fin fine era anche un po' bruciacchiata. E troppo cremosa per i miei gusti.
Quindi ci riproviamo.
Siamo andati a mangiare presto, e dunque quando abbiamo finito è l'ora in cui lo spagnolo medio va a pranzo.
Infatti la coda di fronte all'Alcazar è notevolmente ridotta.

La Cattedrale di Siviglia

Attendiamo circa 15' di fronte al varco merlato sormontato dallo stemma del leone rampante dove c'è l'ingresso.
Alle nostre spalle la Cattedrale con la Torre della Giralda: imponente nella sua sontuosità color ocra, sembra una scultura di sabbia, nata direttamente dal deserto, plasmata dal vento e portata fin qui.
E' difficile smettere di contemplarla, e la coda d'ingresso all'Alcazar me la faccio praticamente camminando all'indietro come un gambero (uno di quelli che c'erano nella mia paella bruciacchiata).


E appena varco la soglia so che ne è valsa la pena.
Di aver aspettato e di aver insistito.
L'Alcazar fa pensare alle Mille e Una Notte, fa pensare a quanta ricchezza e quanta bellezza ci sia spesso nella fusione di due mondi diversi, che non si sminuiscono nell'unione perdendo le loro peculiarità, ma danno vita a qualcosa di unico ed incantevole.


L'ombra dei saloni al piano terra è uno splendore moresco,
Le pareti sono mosaici di ceramica colorata, sinfonie variopinte dal sapor mediorientale.
Le arcate sono cesellate, ricche di trafori sottili e preziosi - modanature, bassorilievi, cure dei dettagli tipicamente arabeggianti.
Il piano di sopra è invece tipicamente gotico: volte ogivali, pilastri sottili, oscurità.
L'Alcazar è un puzzle di storia e di potere, a cui ogni regnante carismatico che abbia dominato Siviglia, o l'Andalusia, o l'intera Spagna, ha voluto aggiungere una tessera, un ricordo per i posteri del suo passaggio - i califfi arabi prima e i re cristiani dopo (che si chiamavano tutti Alfonso, per la cronaca, e quindi è più facile distinguerli per il pezzetto che hanno aggiunto all'Alcazar che non per il loro nome).


Nel Patio de las Doncellas (ovvero delle Fanciulle) ci si imbatta quasi subito - e, se vagare per i saloni ricoperti di ceramica ed arabeschi ti lascia a bocca aperta per l'incanto, quando ti ritrovi di fronte alle arcate su cui si spalanca il patio, capisci veramente di essere entrata dentro una fiaba esotica.

Patio de las Doncellas

Marmo traforato, piccole piscine rettangolari colme di acqua verde e giardini fioriti ai lati.
Il pavimento di questo patio è stato persino calpestato da Orlando Bloom durante le riprese di Kingdom of Heaven, e ci hanno anche girato qualche scena de Il Trono di Spade. Cosa vuoi di più?
Beh, magari una piccola leggenda.
Pare che il suo nome derivi dal tributo che i re musulmani richiedevano ai regni cristiani di Spagna ai tempi della dominazione: 100 fanciulle vergini all'anno.

Banos de Dona Maria de Padilla: forse Don Pedro non amava l'acqua?

Altri splendori moreschi, ricchezze, intarsi, mosaici.
Sotto terra, una galleria buia che porta ai Banos de Dona Maria de Padilla, vasche di raccolta dell'acqua piovana sotto la spoglia semplicità di volte gotiche ogivali.
Un rifugio dall'afa. Chissà, forse anche dal mondo.
Maria de Padilla era l'oggetto del desiderio di Pietro I il Crudele, un nome una garanzia, uno dei primi re cristiani che presero possesso dell'Alcazar (e dell'Andalusia, ovviamente) - in realtà, per la cronaca, si chiamava pure lui Alfonso, ma solo di secondo nome.
Beh, comunque - questo signor Pietro Alfonso si guadagnò il suo soprannome uccidendo a destra e a manca tutti quelli che gli stavano antipatici, o meglio, che si ponevano fra lui e la conquista dei suoi obiettivi. Ovvero il trono, principalmente. E poco importava che fossero bambini di pochi anni di età o uomini adulti.
Ovviamente uccise anche il marito di Maria, ma in compenso regalò a suo fratello un incarico molto importante (previa trucidazione di quello che lo occupava prima).
Maria di lui però proprio non ne voleva sapere, e la leggenda dice che arrivò addirittura a sfigurarsi il viso con l'olio bollente pur di far sì che il focoso Crudele distogliesse da lei le sue attenzioni. Di certo tentò di entrare in convento; ma l'amore di Pietro per lei era cieco e non voleva sentir ragioni: per lei ripudiò una moglie sposata da pochissimi giorni, e alla fine restarono insieme per tutta la vita - anche se non fu l'unica a cui rivolse concrete attenzioni nel corso degli anni.
Maria comunque gli diede tre figlie femmine ed un maschio, che ovviamente fu chiamato Alfonso.
E, per la cronaca, "il Crudele" è solo il soprannome che gli hanno dato i suoi detrattori. I suoi fan invece lo chiamavano il Giustiziere.
Certo però "il Crudele" suona più roboante, e non per niente è quello che è passato alla storia.
Ma chissà cosa ne pensava Maria in merito...

Tutti i re di Spagna si chiamano Alfonso, a quanto pare...

Prima di uscire è bello perdersi nell'ombra dei giardini.
Anche questi sono un incanto da Mille e Una Notte, fra palme, fontane, fiori di ibisco e giochi d'acqua.
Il verde è lussureggiante e fa dimenticare la calura che a fine maggio da queste parti è già importante.
Anche qui, fra le piante ed i fiori, si incontra di nuovo il suggestivo mix fra Oriente ed Occidente che rende quasi magico questo luogo.
Così magico che davvero dispiace uscirne.


Ma un po' della sua magia mozarabica, sinuosa e fiabesca, illumina di riflesso anche i vicoli e le piazze di Siviglia, dove si ritrovano gli stessi colori, gli stessi arabeschi, le stesse suggestioni - come se fosse semplicemente il suo cuore pulsante, il suo centro mistico dove la sua anima riesce a condensarsi, ad esprimersi nel massimo potenziale della sua bellezza.


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