Da Udine non ci si passa per caso – questo lo dicono tutti, compresa la geografia. La città friulana non si trova lungo comuni traiettorie ...

Udine, alla ricerca di quello che conta Udine, alla ricerca di quello che conta

Udine, alla ricerca di quello che conta

Udine, alla ricerca di quello che conta

Da Udine non ci si passa per caso – questo lo dicono tutti, compresa la geografia. La città friulana non si trova lungo comuni traiettorie di passaggio, e, quindi, se la si vuole visitare, o ci si va apposta, oppure bisogna inserire una deviazione all’interno del proprio itinerario. È un po’ come se ti dicesse “Se ti fa piacere la mia compagnia devi dimostrarmelo, altrimenti io me ne sto anche bene per conto mio”. Già per questo motivo mi è simpatica, dunque.

E infatti io ad Udine cerco di andarci apposta, e proprio per cercare una compagnia gradita: non quella della città, in realtà, ma di un paio di amiche che ci vivono, e che mi ero ripromessa di andare a trovare durante la mia permanenza a Trieste. Trieste mi aveva un po’ delusa, in realtà, quindi ero ben predisposta e curiosa di visitare una nuova città – e Udine, come spesso succede con tutti coloro che amano starsene per conto proprio senza mettersi troppo in mostra, si è rivelata una sorpresa interessante.

Piazza della Libertà

Il cuore di Udine è un salotto di quelli belli, che forse non ti aspetteresti da una città così piccola e a misura d’uomo: un locale di rappresentanza all’interno di un villino minuscolo, ma che potrebbe tranquillamente accogliere la migliore nobiltà senza sfigurare. Soprattutto perché dà l’impressione di un’eleganza che nasce in maniera naturale, che non è artefatta o impostata: il cuore di Udine non è snob o pretenzioso – ha una bellezza di stampo classico, dalle linee sobrie e pulite, esaltata dai marmi bianchi e dalla ricchezza dei monumenti; ma si pone con garbo, con equilibrio, senza strafare. Ti dà l’impressione di camminare all’interno di un quadro di De Chirico, e ti dà l’impressione di poterlo tenere nel palmo di una mano.

Loggia del Lionello

Il cuore di Udine si chiama Piazza della Libertà – e qualcuno l’ha definita “la più bella piazza veneziana sulla terraferma”. L’imprinting della Serenissima non è difficile da scovare nella fisionomia di questo impeccabile salotto cittadino: le cromie dei marmi, le forme delle bifore che adornano le logge, l’inequivocabile declinazione di gotico, gli immancabili leoni alati che fanno da impronta distintiva in alcuni punti. Udine è come una discendente in linea retta di Venezia, che ne ha ereditato una percentuale massiccia di DNA – ma che lo esprime in un’accezione totalmente diversa: Venezia è un impero – unico nel suo genere, sontuoso, decadente forse, ma che sa essere a suo agio con l’idea del potere. Lo emana, lo esercita, e, anche se qualcuno potrebbe dire che si adagia sulle glorie del passato, continua a cercarlo. Udine no. Udine è una nicchia, e la sta bene così. Conserva i suoi piccoli tesori veneziani, con più cura ed amor proprio di quanto forse faccia Venezia, ma non cerca altro. È lì – e sta bene con sé stessa.

Loggia del Lionello

Il salotto/cuore di Udine ha due angoli che sono anche un rifugio – e sono la cosa che mi è piaciuta di più: il fatto che questa introversa dall’eleganza impeccabile abbia previsto, all’interno del suo teatro di mondanità, dello svolgimento delle occasioni di rappresentanza, dei punti in cui potersi riposare, mettere al riparo, che sia dal caldo, dalla pioggia o dagli obblighi sociali – sedersi un attimo, ed osservare in disparte per un po’ il mondo che va avanti. La Loggia di San Giovanni è il primo di questi eleganti covi di rifugio: è un porticato ad archi che protegge il monumento ai caduti che si trova al suo interno, e che si trova dirimpetto alla Torre dell’Orologio, sormontata da due mori di bronzo che, allo scoccare di ogni ora, suonano la campana.

Il secondo è un’altra loggia, quella del Lionello, ancora più veneziana e ricercata nello stile. Di fatto è un’opera voluta dalla Serenissima, che nel 1400 la fece costruire per installare al suo interno il Palazzo Comunale: un incendio la distrusse nel 1800, ma venne poi ricostruita identica all’originale – un atto di fedeltà nei confronti del proprio imprinting, della propria tradizione. Ciò che mi ha più colpita della Loggia del Lionello sono i marmi: queste lisce superfici dalle cromie veneziane talmente lucide che ci si può specchiare – e, sostare nella Loggia, diventa così un punto di osservazione privilegiato, un gioco di specchi quasi, in cui il salotto di Udine si riflette, abbandona la superficie per lasciare uscire un po’ della sua anima. Come in una sorta di metafora, del rifugiarsi come occasione di riflessione.

Loggia del Lionello

Dai porticati del Lionello si osservano con calma tutti gli altri elementi di arredo del salotto: le statue gemelle di Ercole e Craco sono indubbiamente il più pregevole – anche perché hanno una storia lunga e travagliata. Sono due sopravvissuti Ercole & Craco: hanno tre secoli di vita, e, all’inizio del 1700, si trovavano all’interno di un palazzo nobiliare, quello dei Conti della Torre, che poi fu distrutto per punire le malefatte del suo proprietario. Ma loro si salvarono, assieme al pozzo che li accompagna: un sindaco puritano ad un certo punto li fece coprire con una foglia di fico, ma probabilmente era solo un po’ invidioso della loro prestanza. Di sicuro gli Udinesi nel corso degli anni si sono affezionati parecchio a questi due barbuti marcantoni armati di clava, che forse serve solo per far scena ma non si sa mai che possa tornare utile e la sappiano effettivamente usare - tanto che hanno finito per affibbiare loro due nomignoli un po’ più “local” rispetto a quelli da mitologia greca che si ritrovano all’anagrafe: Floriàn e Venturìn, giusto per farli sentire a casa.

Piazza Matteotti (o come preferite)

Abbandonando il salotto e girovagando per le rimanenti stanze, si arriva in Piazza Matteotti – che, volendo, potrebbe essere il soggiorno o la cucina, visto che, con i suoi porticati e le sue facciate color pastello, è un po’ il luogo d’incontro per eccellenza, dove sedersi a bere uno spritz e a chiacchierare, mentre i bambini giocano poco più in là, vicino ad un curioso pozzo soprannominato la Lanterna di Diogene, per la sua forma particolare, sormontato da quattro colonne con sopra una lastra su cui si erge una quinta colonna. In Piazza Matteotti si tiene anche il mercato, al sabato: non per nulla è anche detta Piazza del Mercato Nuovo - o Piazza delle Erbe, per ricordare il periodo in cui l’attività compravendita era specificatamente dedicata alle verdure. Ma qualcuno la chiama anche Piazza San Giacomo, per ricordare l’omonima chiesa barocca del 1300 che vi sorge: insomma, quattro diversi nomi, uno per ciascuna delle sue diverse personalità – battendo di gran lunga l’abitudine che abbiamo noi torinesi di battezzare ciascun posto con due nomi diversi, quello ufficiale e quello che conosciamo solo noi, mandando in crisi i non-autoctoni, che ignorano che, ad esempio, “piazza Carlina” è semplicemente il nomignolo conviviale di piazza Carlo Emanuele. Beh, piazza Matteotti, o come preferite chiamarla, in realtà, dietro la sua facciata conviviale ed accogliente, ha anche un lato oscuro, dal momento che in passato era anche il luogo designato per eseguire le sentenze capitali: per questo aspetto, però, che io sappia, ha preferito non darsi nessun altro nuovo nome.

Lanterna di Diogene

Se piazza della Libertà era il salotto e questa multi-nome la cucina, allora il bagno potrebbe essere dove c’è dell’acqua: e l’acqua a Udine esiste in una forma molto particolare – ovvero quella delle rogge, una rete idraulica di canali risalenti all’epoca romana che avevano lo scopo di convogliare in città, allora priva di questo sostentamento a causa del terreno ghiaioso, le acque del fiume Torre. Le rogge sono funzionanti ancora adesso, e, chissà, forse saranno state loro l’elemento che convinse i Veneziani a scegliere Udine come satellite: i canali già c’erano, per quanto artificiali e decisamente non percorribili in gondola; ma, con qualche leone qua e là, un po’ di marmo e qualche bifora, magari si poteva quasi riuscire a sentirsi a casa.

Loggia del Lionello

Un Duomo non saprei bene in quale metaforica stanza collocarlo – però, sicuramente, anche la Cattedrale di Santa Maria Assunta riesce a simboleggiare molto bene la personalità schiva di Udine, poco incline all’apparenza e maggiormente alla sostanza. La sua facciata è in stile romano-gotico ma non attira l’attenzione: è di una regolarità estremamente sobria, quasi stilizzata, ridotta all’essenziale – come se fosse stata disegnata da un bambino, che però, più che una cattedrale, voleva rappresentare una casetta. Del resto, se si chiedesse ad un bambino di disegnare una cattedrale, forse non saprebbe farla molto diversa da una casa, solo magari più grande – e questo infatti è. Ma, fondamentalmente, a me colpisce proprio per questo: d’altro canto questo edificio era nato come semplice ed umile chiesa francescana, ha fatto carriera come duomo cittadino solo in un secondo tempo, ma non per questo ha deciso di montarsi la testa o di comprarsi abiti sfarzosi più adatti al suo nuovo ruolo. In un mondo pieno di elaborati rosoni gotici e capitelli a forma di gargoyle, osa essere come il Duomo di Udine. Anche perché la sua ricchezza, la cattedrale della città friulana, la mantiene tutta nella sua interiorità: entrando ci si accorge che, in termini di espressione artistica e bellezza maestosa, non ha nulla da invidiare ad altre sue colleghe che curano molto di più l’aspetto esteriore – ma che, tanto per dirne una, poi dentro non sono in grado di sfoggiare dipinti del Tiepolo con assoluta nonchalance.

Salita al Castello

Il Castello, invece, questo è facile – è il terrazzo. E, se il salotto serve per accogliere gli ospiti nella quotidianità, è sul terrazzo che si danno le feste più riuscite. Anche perché qui la conversazione si fa profonda e brillante: le sue sale oggi ospitano il Museo Archeologico ed una pinacoteca con tredici sale – anche loro con quadri del Tiepolo come la Cattedrale bella dentro, e qualcosa del Caravaggio. Anche lui non bada particolarmente all’apparenza fisica: non ha le forme e l’estetica del classico castello medievale, a vederlo è un palazzone massiccio ed un po’ anonimo – ma il suo punto di forza non sta in come si presenta, bensì in che cosa offre. Per arrivarci la via è in salita; ma, come spesso accade per le salite, ne vale la pena: c’è un punto panoramico che domina il centro e che lascia spaziare lo sguardo ancora più lontano, fino alle Alpi Orientali che si ergono azzurre e maestose sull’orizzonte. La leggenda (sì, perché c’è anche una leggenda: ve l’avevo detto che sarebbe stata una bella festa) narra che sia stato costruito da Attila in soli tre giorni (per cui, voglio dire, non lamentiamoci se esteticamente non è accattivante: in così poco tempo non si possono pretendere fronzoli – e, del resto, parliamo pur sempre di un barbaro), perché, dopo aver dato alle fiamme la città romana di Aquileia, voleva rimanere qui un po’ a vederla bruciare. Giustamente, ognuno ha le sue soddisfazioni professionali.

Pinacoteca del Castello

E, forse, la chiave sta proprio qui: non in quello che brucia, ma in quello che resta. Che di solito è quello che conta – ed è la bellezza che rimane dentro, al sicuro, intatta per chi si vuole prendere la briga di entrare a conoscerla. Ad ostentarla troppo si deteriorerebbe. E questo Udine lo sa bene.

Vista dal Castello


0 comments: