Buttigliera Alta sembra un paese noioso.
Si trova a metà – a metà fra Torino e le Alpi, fra la città e l’aperta campagna, fra la collina e la montagna.
Si trova a metà – a metà fra Torino e le Alpi, fra la città e l’aperta campagna, fra la collina e la montagna.
È verde, sobrio, un po’ serio, silenzioso, ripiegato sulla sua semplicità – forse ne è contento, chi lo sa, ma anche se lo è il suo burbero orgoglio piemontese gli impedisce di mostrarlo. C’è chi dice che Buttigliera non abbia molto da offrire: solo passeggiate in circolo fra i suoi boschi e i suoi prati, le montagne che si sfumano sullo sfondo fra il blu ed il verde, vicoli di pavè grigi di porfido e mura di case antiche – un buen retiro introspettivo per chi scappa dalla frenesia cittadina, semplicemente casa per chi ci vive da sempre.
Ma Buttigliera, piemontese di poche parole, nasconde una sorpresa, un gioiello tenuto con non-chalanche in un angolo, di cui si parla poco e in cui spesso ci si imbatte per caso.
Un po’ discosta dai riflettori, fa capolino da dietro una barriera di alberi – magari perché è pudica, o più semplicemente perché non le interessa essere al centro dell’attenzione.
L’autunno le sparge attorno le sue foglie color ruggine in cui sembra quasi volersi mimetizzare. Ha lagrazia timida di una dama medievale, un’eleganza sobria che resiste al tempo.
L‘Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso è antica, ha molti secoli sulle spalle, secoli che trasudano dalle sue pietre e che ne hanno trasformato la fisionomia: un campanile forgiato nello stile gotico del 1300, la facciata della Chiesa rimaneggiata dai cambi di aspetto che l’hanno riplasmata a cavallo fra il XIV e il XV secolo; al suo interno custodisce dipinti di Giacomo Jacquerio, star della pittura piemontese del 1400, e di Defendente Ferrari, suo erede del 1500.
Ma il complesso abbaziale fu fondato nel 1188 da Umberto III di Savoia, conte sabaudo dalla vocazione filantropica, e diventò nei secoli a venire un punto di riferimento per l’assistenza e il ristoro ai pellegrini che nel Medioevo percorrevano a piedi, per voto o per espiazione, la via Francigena, da Roma fino a Santiago de Compostela o a Canterbury; ma soprattutto diventò un ospedale, famoso per la cura del Fuoco di Sant’Antonio, e, più tardi, anche della peste.
Oggi dell’ospedale rimane soltanto la facciata, ma le cure prodigate agli ammalati dai frati antonianisono state la missione principale dell’ordine in quel periodo, tanto che, nell’iconografia medievale, Sant’Antonio era raffigurato sempre in compagnia di un maialino, animale il cui grasso era utilizzato dai frati per lenire la sofferenza delle piaghe della peste e per bloccare la diffusione del morbo.
Buttigliera Alta, il mio paese, a volte può sembrare un paese noioso.
Ma, a volte, chi parla poco ha le storie più interessanti da raccontare…
Ma, a volte, chi parla poco ha le storie più interessanti da raccontare…
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