E' già passato più di un anno. Da quando sono andata a Salisburgo , ma non è solo questo. E' stato uno di quei viaggi-parentes...

Salisburgo, come un carillon Salisburgo, come un carillon

Salisburgo, come un carillon

Salisburgo, come un carillon



E' già passato più di un anno.
Da quando sono andata a Salisburgo, ma non è solo questo.
E' stato uno di quei viaggi-parentesi, che fai quando stai per chiudere un capitolo della tua vita e cominciarne un altro - e che quindi restano emotivamente, indelebilmente associati a quel momento cuscinetto, al quel mix strano, un po' euforico, un po' nostalgico, di aspettative e malinconie.
Quando stai per lasciare qualcosa (o qualcuno), si innesca sempre questo meccanismo contorto per cui i motivi per cui lo vuoi lasciare ti sembrano sempre più sbiaditi e meno preponderanti di quelli per cui, tutto sommato, avresti anche potuto continuare. Sai che stai facendo la cosa giusta, razionalmente sei pienamente convinta che sia così - eppure qualcosa di cui sai già che sentirai la mancanza c'è sempre. E del nuovo? Beh, di ciò che ancora non si conosce, per definizione, non si sa nulla; quindi provi a far scattare un meccanismo di difesa in cui scegli di essere felice e decidi di non porti troppe domande.
O almeno ci provi.



E un viaggio, quasi sempre, è il metodo migliore per aiutarti a farlo.
Il viaggio diventa un oracolo di quello che sarà il nuovo capitolo che si deve aprire: cerchi segni ed immagazzini energie, possibilmente positive.
E Salisburgo, in questo senso, mi è sembrata di buon auspicio.
Perché c'era sempre un po' di ombra, nelle sue stradine pedonali con le case barocche color pastello, per la presenza massiccia della collina rocciosa del Festungberg - ma è una città che trasmette una sorta di serenità, di tranquillità.
E' una città che si associa alla musica, partendo ovviamente da Mozart ed arrivando fino ai gorgheggi disneyani di "Tutti insieme appassionatamente" - ed è un po' come se ti trasmettesse una sorta di musica che il tuo orecchio non riesce a sentire, ma che comunque ti comunica qualcosa di bello, di armonioso, di rilassante.


Salisburgo è minuta, raccolta, a misura d'uomo.
Sembra piccola, a partire dal suo aeroporto con la pista di atterraggio accoccolata in mezzo alle montagne, che sembrano così vicine da poter allungare una mano e toccarle.
Sembra un paese, per il suo essere accogliente e rilassata; ma ti rendi conto del suo status di città per la bellezza e l'eleganza di quello che ti offre.


Ti accoglie con il suo skyline di marzapane lungo il fiume Salzach, contornato da un pendio erboso che fa da confine fra il fiume ed il centro cittadino e lungo il quale ci si può sedere ad aspettare il tramonto.
Ti addentri fra le sue vie pedonali, bomboniere barocche di boutique e ristoranti italiani.
A Salisburgo ci sono talmente tanti ristoranti italiani che diventa quasi impossibile non mangiare italiano.
E c'è altrettanto Barocco.
Merito dei vescovi principi che la governarono fra il XVI e il XVII secolo: rampolli della nobiltà austro-ungarica obbligati dalle leggi non scritte di successione a prendere l'abito talare senza averne la vocazione né il desiderio - e che di conseguenza si comportarono come se non avessero mai pronunciato nessuno dei voti al quale l'abito è legato, né quello di povertà, né quello di castità.
Wolf Dietrich von Raitenau fu il primo ed il più controverso di questi principi obbligati ad essere vescovi: diede il la alle opere che poi i suoi successori continuarono, ed ebbe 15 figli dalla sua concubina - per la quale fece costruire il Castello di Mirabell.
Fu poi condannato al rogo per eresia - ma Mirabell è rimasto, con la sua facciata neoclassica, gli scaloni rococò ed i giardini alla francese, elegantissimi nelle loro geometrie di fiori e fontane che fanno da cornice prospettica mozzafiato alla fortezza di Hohensalzburg.

La Fortezza vista da Mirabell

Il Barocco di Salisburgo è anche nelle sue numerose chiese, primo fra tutti il Duomo, dedicato a San Ruperto e San Vigilio.
E' bianco e sinuoso, al tramonto sembra quasi risplendere, ed è circondato da una piazza pedonale, con fontane ed archi che sembrano inchinarsi e rendergli omaggio. Carrozze trainate da cavalli altrettanto bianchi trottano avanti ed indietro in cerca di turisti che vogliano vivere l'Austria come se fosse una cartolina d'antan - mentre l'omino in piedi sull'enorme sfera dorata che c'è più in là sembra non interessarsene.
E' un'opera dello scultore Stephan Balkenhol, è del 2007 - e sembra più interessato alla Fortezza, al suo dominio un po' annoiato dall'alto, che non al cuore barocco, forse sacro, sicuramente armonico come una sonata di Mozart, che si estende alle sue spalle.

Il Duomo e la Sphaera

L'Abbazia di San Pietro è un'altra espressione del Barocco salisburghese, ma me la ricordo più che altro per il piccolo cimitero monumentale, il Petersfriedhof, che nasconde alle sue spalle.
Le sue tombe sono basse, discrete, sommerse di verde e di fiori bianchi e viola, con statue poco imponenti di cui anche la rappresentazione del dolore sembra essere contenuta.
Le croci sono in ferro battuto nero, anch'esse un po' barocche, sinuose, fatte di spirali, di elementi che ricordano piante rampicanti. Le scritte sono in oro, in caratteri gotici.
Qua e là cuori, farfalle.
Una morte che sembra essere meno cupa, più concentrata sulla bellezza del ricordo di ciò che è stato.
Una cura per la mia malinconia verso ciò che sto per lasciare.

Petersfriedhof

Infine, la Fortezza, l'Hohensalzburg.
Ne abbiamo già parlato più di una volta - e non se ne può fare a meno, d'altro canto, parlando di Salisburgo, perché è parte inscindibile del panorama, da qualunque parte lo si guardi: lei e lo sperone di roccia su cui sta appollaiata. E' venuto il momento di andarci.
Per andarci ci sono due vie: una funivia, oppure a piedi.

Cortile interno dell'Hohensalzburg

Io ci sono andata a piedi, perché scelgo sempre la via difficile. Soprattutto perché la via difficile spesso ha un panorama migliore: la vedi allontanarsi a poco a poco Salisburgo sotto di te, il colpo d'occhio si fa sempre più vasto - e ogni tanto ti fermi per riprendere fiato, ma anche per guardarla.
Alla fine arrivi in cima, dentro questa fortificazione voluta, indovinate, da un vescovo, e che è stata attiva fino quasi alla fine dell'800 - ma che non ha un'aria minacciosa: sembra quasi un gigante buono la cui stazza provoca sì un certo timore reverenziale, però in fondo ti viene il dubbio che sia davvero capace di fare del male.
All'interno sono visitabili gli appartamenti del principe vescovo, sontuosi al punto giusto per essere degni di un principe, e sobri al punto giusto per essere degni di un vescovo - e viene raccontata la storia della fortezza.


Ma il valore aggiunto, secondo me, rimane sempre il panorama: Salisburgo, bianca, con qualche pennellata pastello, con le sue curve barocche che sembrano quasi note su un pentagramma - vista da qui non ha nemmeno quell'ombra perenne che l'accompagna quando la si visita da basso.
Perché da qui sono sopra l'ombra. O, per meglio dire, sono su ciò che fa ombra - e mi rimane solo la parte bella.
Sì, direi che mi sembra un buon auspicio...

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