giugno 19, 2016
Jenny di Rügen me ne parla da sempre.
Ci ha anche abitato per un periodo, quando studiava e giocava nella squadra di pallavolo di Sassnitz - e da sempre mi dice che è un posto che dovrei vedere.
L'ho anche googlata, ed ho visto fari bianchi e spiagge selvagge, con la sabbia altrettanto candida e sterpaglie altissime.
Quindi ho deciso di concordare con Jenny, e, quando sono andata a trovarla ad Amburgo a Pasqua, le ho chiesto di portarmi a vederla.
Non è proprio vicina ad Amburgo.
Bisogna andarci in macchina e ci vanno quasi 3 ore. Ma è un roadtrip gradevole, lungo l'Autobahn che attraversa distese verdissime costellate di pale eoliche bianche che assomigliano ad alieni giganti - contro i quali, forse, qualche Don Chisciotte tedesco potrebbe voler combattere.
Partiamo presto e facciamo una sosta per la colazione: io prendo un muffin al cioccolato e Jenny si è portata dei panini al tacchino da casa, perché durante la quaresima non mangia dolci.
In macchina dobbiamo parlare ad alta voce: questa Autobahn è parecchio rumorosa perché, mi spiega, hanno fatto degli errori in fase di costruzione - materiali scadenti e non adatti al tipo di terreno, pertanto hanno dovuto aggiungere ulteriori strati di asfalto per tappare le falle, tanto che in alcuni punti il guardrail è pericolosamente basso.
Le chiedo se per caso il progettista fosse italiano, ma pare di no.
Incredibile.
Rügen è verso la Pomerania, e quindi mi avvicino a posti che già visitato, sul versante polacco.
Per la precisione, è in Meclemburgo - e, oh, oddio, allora esiste veramente il Meclemburgo!
Devo mandare un messaggio a Fabiana: "Sono in Meclemburgo!!"
Perché da piccole io e lei eravamo piuttosto alternative - piuttosto creepy before it was cool. E passavamo il pomeriggio a raccontarci storie di fantasmi, vampiri e zombie. Una delle nostre preferite era quella del Duca del Meclemburgo.
Il problema è che non me la ricordo più. Mi ricordo solo di un piede sanguinante che fuoriusciva da una tomba, ma la parte affascinante era su come ci fosse finito. Però l'ho rimossa.
E l'altro problema è che non ricordo nemmeno se l'avessi sentita da qualche parte o se l'avessi inventata di sana pianta.
In questo caso, dovessi avessi udito nominare il Meclemburgo proprio non lo so - ma a sette anni ero piena di risorse. Peccato che poi un po' le ho perse.
E peccato che non mi ricordi più nulla di questa truculenta leggenda, vera o finta che sia.
Comunque. Sto andando fuori tema.
"Sono in Meclemburgo. Farò attenzione ai piedi. Quelli altrui e a dove metto i miei"
L'isola di Rügen è collegata alla terraferma da un ponte, che mi ricorda quello dell'isola di Skye.
Sarà che io e Jenny stiamo discutendo di aprire un cat café ad Edimburgo.
E ci sono delle scogliere calcaree, bianchissime, con qualche ciuffo di vegetazione scura in alto, che si tuffano a picco nel mare scuro e spumoso.
Ok, cominciamo bene, Rügen.
Per vedere meglio le scogliere facciamo un giro in barca.
Il mare non è solo "spumoso", ahinoi.
E' proprio parecchio agitato.
Il battello da turismo beccheggia su e giù, sprofonda e sale in alto, schizzi d'acqua altissimi compaiono davanti ai finestrini.
Ce ne stiamo sedute dentro.
Una volta ci provo ad uscire fuori per fare una foto, ma non riesco a tenermi in piedi.
Che è una curiosa sensazione, in effetti.
"Una navigazione senza problemi non ha mai creato bravi marinai".
Però mi fa piacere tornare sulla terraferma.
Ci aggiriamo per Sassnitz.
Le spiagge sono davvero bianchissime. Rügen è fatta tutta di roccia calcarea.
E scivolano veloci verso il blu cupo del Mar Baltico, con ciuffi di sterpaglie altissime che sbucano fuori qua e là e i divanetti con la capotte di vimini che sono tipici di queste zone.
Sassnitz si inerpica in salita fra viette lastricate in porfido e larghe strade asfaltate.
E, soprattutto, fra eleganti case in legno bianco con le volute sinuose dello stile ottocentesco, ed enormi mostri asettici di cemento.
Questa contraddizione è caratteristica di tutta l'isola: brutture piatte, cicatrici ottuse segno della storia, che ha ferito e stuprato il passato stesso della Germania, non solo il paesaggio dell'isola.
Rügen è stata scelta come meta delle vacanze per il popolo dal partito nazionalsocialista prima e da quello democratico dell'ex DDR poi.
Il partito forniva questa fonte di svago controllato per la nazione, due settimane all'anno nei casermoni grigi e noiosi che la deturpano come bubboni.
A Prora c'è l'esempio più eclatante: un fantasma di cemento lungo quasi 6 km, che si snoda minaccioso e triste lungo la costa, un alveare per le "vacanze" costituito da migliaia di loculi identici e scarni.
Fu costruito dai nazisti nella seconda metà degli anni '30, e poi sfruttato anche dai comunisti.
Oggi è caduto in rovina ed hanno tentato di abbatterlo, ma non ci sono riusciti: troppo grosso e robusto.
Così è rimasto, un po' come promemoria, ospitando un museo - un po' con sarcasmo cinico: i loculi spogli, poco più confortevoli di una cella di prigione, che i partiti che ne hanno usufruito volevano usare come esempio di uguaglianza appiattita e controllata del popolo, oggi sono stati trasformati in monolocali di design in vendita a più di 400.000 euro.
Chissà se in realtà non è semplicemente un'altra espressione di controllo della massa da parte della società...
La spiaggia di Prora si apre libera verso il mare.
Lo scheletro, il fantasma è alle sue spalle.
La sabbia si infila nelle scarpe, e si accumula sulle rovine del casermone nazista. Tenta di coprirle ma non ci riesce, non ancora.
Ci spostiamo poco più in là, a Binz.
Di nuovo, un misto di linee squadrate ed ottuse, con quelle sinuose ed aggraziate dello stile ottocentesco. Cemento contro legno, grigio contro bianco, spigoli contro armonia.
Qua, forse, vincono le seconde.
C'è più armonia, più ariosità.
Più leggerezza.
Guardiamo il mare dal pontile e comincia a piovere.
Il vento è freddo e le nuvole sono nere.
E' ora di tornare.
Attraversiamo di nuovo il verde del Meclemburgo con i suoi alieni mulinanti.
Non ho visto piedi, e continuo a non ricordare la storia.
Al ritorno io e Jenny siamo un po' stanche, e più silenziose.
Verso Amburgo le nuvole nere cominciano a diradarsi e il sole al tramonto le illumina, le brucia di rosso, d'oro e di celeste. L'Autobahn è un incendio dorato e meraviglioso.
Rügen è diversa da come me l'aspettavo.
E' diversa dalle sue cartoline idilliache con i fari bianchi.
Rügen ha una pagina di storia dolorosa che l'ha segnata come una cicatrice deturpante. Nel suo caso non è stata forse scritta col sangue, ma è il riflesso grigio ed alienante di sangue che è stato versato a fiumi altrove.
Ma avevi ragione, Jenny.
Mi è davvero piaciuto averla conosciuta...
Jenny di R ügen me ne parla da sempre. Ci ha anche abitato per un periodo, quando studiava e giocava nella squadra di pallavolo di Sassn...
Isola di Rügen, questa sconosciuta...
Jenny di Rügen me ne parla da sempre.
Ci ha anche abitato per un periodo, quando studiava e giocava nella squadra di pallavolo di Sassnitz - e da sempre mi dice che è un posto che dovrei vedere.
L'ho anche googlata, ed ho visto fari bianchi e spiagge selvagge, con la sabbia altrettanto candida e sterpaglie altissime.
Quindi ho deciso di concordare con Jenny, e, quando sono andata a trovarla ad Amburgo a Pasqua, le ho chiesto di portarmi a vederla.
Non è proprio vicina ad Amburgo.
Bisogna andarci in macchina e ci vanno quasi 3 ore. Ma è un roadtrip gradevole, lungo l'Autobahn che attraversa distese verdissime costellate di pale eoliche bianche che assomigliano ad alieni giganti - contro i quali, forse, qualche Don Chisciotte tedesco potrebbe voler combattere.
Partiamo presto e facciamo una sosta per la colazione: io prendo un muffin al cioccolato e Jenny si è portata dei panini al tacchino da casa, perché durante la quaresima non mangia dolci.
In macchina dobbiamo parlare ad alta voce: questa Autobahn è parecchio rumorosa perché, mi spiega, hanno fatto degli errori in fase di costruzione - materiali scadenti e non adatti al tipo di terreno, pertanto hanno dovuto aggiungere ulteriori strati di asfalto per tappare le falle, tanto che in alcuni punti il guardrail è pericolosamente basso.
Le chiedo se per caso il progettista fosse italiano, ma pare di no.
Incredibile.
Rügen è verso la Pomerania, e quindi mi avvicino a posti che già visitato, sul versante polacco.
Per la precisione, è in Meclemburgo - e, oh, oddio, allora esiste veramente il Meclemburgo!
Devo mandare un messaggio a Fabiana: "Sono in Meclemburgo!!"
Perché da piccole io e lei eravamo piuttosto alternative - piuttosto creepy before it was cool. E passavamo il pomeriggio a raccontarci storie di fantasmi, vampiri e zombie. Una delle nostre preferite era quella del Duca del Meclemburgo.
Il problema è che non me la ricordo più. Mi ricordo solo di un piede sanguinante che fuoriusciva da una tomba, ma la parte affascinante era su come ci fosse finito. Però l'ho rimossa.
E l'altro problema è che non ricordo nemmeno se l'avessi sentita da qualche parte o se l'avessi inventata di sana pianta.
In questo caso, dovessi avessi udito nominare il Meclemburgo proprio non lo so - ma a sette anni ero piena di risorse. Peccato che poi un po' le ho perse.
E peccato che non mi ricordi più nulla di questa truculenta leggenda, vera o finta che sia.
Comunque. Sto andando fuori tema.
"Sono in Meclemburgo. Farò attenzione ai piedi. Quelli altrui e a dove metto i miei"
L'isola di Rügen è collegata alla terraferma da un ponte, che mi ricorda quello dell'isola di Skye.
Sarà che io e Jenny stiamo discutendo di aprire un cat café ad Edimburgo.
E ci sono delle scogliere calcaree, bianchissime, con qualche ciuffo di vegetazione scura in alto, che si tuffano a picco nel mare scuro e spumoso.
Ok, cominciamo bene, Rügen.
Per vedere meglio le scogliere facciamo un giro in barca.
Il mare non è solo "spumoso", ahinoi.
E' proprio parecchio agitato.
Il battello da turismo beccheggia su e giù, sprofonda e sale in alto, schizzi d'acqua altissimi compaiono davanti ai finestrini.
Ce ne stiamo sedute dentro.
Una volta ci provo ad uscire fuori per fare una foto, ma non riesco a tenermi in piedi.
Che è una curiosa sensazione, in effetti.
"Una navigazione senza problemi non ha mai creato bravi marinai".
Però mi fa piacere tornare sulla terraferma.
Ci aggiriamo per Sassnitz.
Le spiagge sono davvero bianchissime. Rügen è fatta tutta di roccia calcarea.
E scivolano veloci verso il blu cupo del Mar Baltico, con ciuffi di sterpaglie altissime che sbucano fuori qua e là e i divanetti con la capotte di vimini che sono tipici di queste zone.
Sassnitz si inerpica in salita fra viette lastricate in porfido e larghe strade asfaltate.
E, soprattutto, fra eleganti case in legno bianco con le volute sinuose dello stile ottocentesco, ed enormi mostri asettici di cemento.
Questa contraddizione è caratteristica di tutta l'isola: brutture piatte, cicatrici ottuse segno della storia, che ha ferito e stuprato il passato stesso della Germania, non solo il paesaggio dell'isola.
Rügen è stata scelta come meta delle vacanze per il popolo dal partito nazionalsocialista prima e da quello democratico dell'ex DDR poi.
Il partito forniva questa fonte di svago controllato per la nazione, due settimane all'anno nei casermoni grigi e noiosi che la deturpano come bubboni.
A Prora c'è l'esempio più eclatante: un fantasma di cemento lungo quasi 6 km, che si snoda minaccioso e triste lungo la costa, un alveare per le "vacanze" costituito da migliaia di loculi identici e scarni.
Fu costruito dai nazisti nella seconda metà degli anni '30, e poi sfruttato anche dai comunisti.
Oggi è caduto in rovina ed hanno tentato di abbatterlo, ma non ci sono riusciti: troppo grosso e robusto.
Così è rimasto, un po' come promemoria, ospitando un museo - un po' con sarcasmo cinico: i loculi spogli, poco più confortevoli di una cella di prigione, che i partiti che ne hanno usufruito volevano usare come esempio di uguaglianza appiattita e controllata del popolo, oggi sono stati trasformati in monolocali di design in vendita a più di 400.000 euro.
Chissà se in realtà non è semplicemente un'altra espressione di controllo della massa da parte della società...
La spiaggia di Prora si apre libera verso il mare.
Lo scheletro, il fantasma è alle sue spalle.
La sabbia si infila nelle scarpe, e si accumula sulle rovine del casermone nazista. Tenta di coprirle ma non ci riesce, non ancora.
Ci spostiamo poco più in là, a Binz.
Di nuovo, un misto di linee squadrate ed ottuse, con quelle sinuose ed aggraziate dello stile ottocentesco. Cemento contro legno, grigio contro bianco, spigoli contro armonia.
Qua, forse, vincono le seconde.
C'è più armonia, più ariosità.
Più leggerezza.
Guardiamo il mare dal pontile e comincia a piovere.
Il vento è freddo e le nuvole sono nere.
E' ora di tornare.
Attraversiamo di nuovo il verde del Meclemburgo con i suoi alieni mulinanti.
Non ho visto piedi, e continuo a non ricordare la storia.
Al ritorno io e Jenny siamo un po' stanche, e più silenziose.
Verso Amburgo le nuvole nere cominciano a diradarsi e il sole al tramonto le illumina, le brucia di rosso, d'oro e di celeste. L'Autobahn è un incendio dorato e meraviglioso.
Rügen è diversa da come me l'aspettavo.
E' diversa dalle sue cartoline idilliache con i fari bianchi.
Rügen ha una pagina di storia dolorosa che l'ha segnata come una cicatrice deturpante. Nel suo caso non è stata forse scritta col sangue, ma è il riflesso grigio ed alienante di sangue che è stato versato a fiumi altrove.
Ma avevi ragione, Jenny.
Mi è davvero piaciuto averla conosciuta...
About author: Serena Chiarle
Analitica come stile di vita, e data scientist di professione. Introversa e fiera di esserlo, ho come arma preferita il sarcasmo. Viaggio spesso con il pensiero e ogni tanto anche dal vivo. Leggo per legittima difesa e scrivo con premeditazione di reato - oppure per evitare di commetterne. Bevo vino rosso, caffé senza zucchero, parlo con i gatti e fotografo tramonti. Amo le contraddizioni perché è così che funziona.
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