giugno 03, 2019
L'anno era il 2010. Il mese aprile, probabilmente. Sul giorno, di conseguenza, non sono in grado di dare indicazioni.
La sera รจ tiepida, piazza Unitร d'Italia illuminata. E' come se indossasse un abito di gala, fatto del velluto buio della notte, scuro, suadente, tempestato di luci calde e preziose, che si sfumano nei suoi anfratti, che arricchiscono i suoi dettagli di un chiaroscuro espressivo.
Di lร , al fondo, oltre alla strada, alla fine di quei gradini che scendono e si perdono nel mistero, ci deve essere il mare. Il mare di notte si indovina - รจ fatto di fruscii e profumi, il resto sono suggestioni.
"Ti va di fare una passeggiata o preferisci andare in albergo a riposarti?"
Mi andrebbe, in realtร .
Ma รจ il mio accompagnatore che non mi va. Sorride sotto agli occhiali e al naso camuso, mentre si alliscia i capelli impomatati. La giacca gli tira sulla pancia. E' gentile, ma logorroico. Sono nove ore che cerca di rendersi interessante, senza sosta. Io ormai ci ho rinunciato da tempo.
Sono qui per lavoro - per fare un colloquio, in realtร .
Le modalitร d'ingaggio delle societร di consulenza in body rental ricordano le audizioni per i programmi tv. Solo che non devi dire che sai cantare e ballare, ma che sai programmare in Java e usare Oracle. E soprattutto che cerchi occasioni di crescita per uscire dalla tua zona di comfort e sei portata per il lavoro in team.
Abbiamo cenato a base di pesce, ma non ricordo che cosa.
Vedo un'ombra agitarsi sotto una macchina parcheggiata di fianco al marciapiede. L'ombra si trasforma in una coda glabra e coriacea: รจ un grosso topo.
"Tornerei in albergo, grazie".
Avevo detto che a Trieste ci sarei voluta tornare.
Era stato solo un aperitivo veloce, di quelli in cui nemmeno mangi - solo al massimo un paio di noccioline; ma mi era sembrato promettente e ci volevo tornare.
C'รจ un treno comodo che parte da Torino quando finisco di lavorare il venerdรฌ prima di Pasqua, e poco prima delle dieci io e Ginger siamo lรฌ in albergo.
Mentre faccio da guida con Google Maps in mano, allungo lo sguardo in mezzo al buio, fra le file ordinate di edifici squadrati: laggiรน, da qualche parte, c'รจ piazza Unitร d'Italia.
Laggiรน, da qualche parte, c'รจ anche il mare. Per me, che non vengo da una cittร di mare, quando vado nei posti in cui invece il mare c'รจ, รจ un po' come se mi dicessero: "Qui c'รจ la magia, tutte le altre sono cittร babbane...".
E' come se fosse una sirena che canta, una specie di calamita: lo cerco sempre, annusando l'aria - e mi emoziono quando lo vedo sbucare da qualche parte, in uno spiraglio fra le case, una linea dritta sull'orizzonte, un po' piรน scura del cielo.
Piazza Unitร d'Italia mi aspetto che sia questo: uno scrigno per contenere tutta questa magia.
E' una piazza, ed รจ bella - ha quell'eleganza asburgica austera, slanciata verso l'alto, con pochi fronzoli ma giusti. E' raccolta come se fosse un salotto - un salotto ampio ed elegante, senza troppi ninnoli, solo grandi spazi per girare a testa in su: forse a sentirsi piccoli, forse a sentirsi semplicemente incantati.
Ma, al contrario di tante altre piazze, non รจ un cerchio racchiuso - si spalanca: apre le braccia, si tuffa. Verso il mare.
Vista al mattino presto รจ diversa da come me la ricordavo, anni fa, nel suo abito di gala notturno: la luce รจ tenue ed un po' tersa, รจ un po' come se fosse sbiadita, senza trucco.
In questa piazza sono state scritte le pagine piรน importanti, e spesso tristi, della storia della cittร , entrata ed uscita dall'Italia piรน volte - e non sempre per sua volontร .
Di fronte, con le spalle girate verso gli hangar di cemento del porto, ci sono le Ragazze di Trieste, mule di bronzo sedute sul molo, gambe incrociate ed aria concentrata, mentre cuciono la bandiera italiana.
Chissร se ogni tanto fanno una pausa e contemplano il mare.
Chissร se, invece, preferiscono non fermarsi - perchรฉ, se lo facessero, sentirebbero ancora le orecchie fischiare per qualche eco distante, memoria vibrante impressa nei marmi alle loro spalle di alcune di quelle pagine che sono state scritte lรฌ, con parole tonanti e crudeli.
Il 18 settembre 1938 Mussolini proclamรฒ da qui le Leggi Razziali, che sancirono l'inizio dell'orrore.
Le Ragazze sono statue immobili e continuano a cucire il tricolore - che, nella metafora di un monumento, non รจ solo una bandiera di stoffa, ma un simbolo di libertร . Noi che siamo fatti di carne e caducitร in movimento dovremmo sapere che anche noi abbiamo un tricolore da cucire: un tricolore che รจ anche fatto di queste pagine atroci, della loro consapevolezza e della volontร di far sรฌ che non si ripetano mai piรน, sotto nessuna forma.
L'avremo studiata bene la lezione? Oppure amiamo talmente tanto proclamarci ignoranti da non voler nemmeno vedere quali sono i pericoli di questi echi che stanno tornando a farsi sentire?
["Sei pronta? Vuoi che ripassiamo un attimo qualche domanda?"
"Non so. Che tipo di domande? Domande tecniche?"
"Ma no, nessuno ai colloqui fa domande tecniche. Le tue abilitร tecniche sono nel tuo curriculum. A loro interessa di piรน capire come sai muoverti a livello relazionale. Ad esempio se ti chiedesse qual รจ il tuo peggior difetto, tu cosa risponderesti?"
"Dipende se gradisce una risposta sincera o no"
"Una ragazza graziosa non ha bisogno di essere sincera. Cerca piuttosto di essere diplomatica. E sorridi un po' di piรน - si gioca tutto sulla prima impressione"]
Lasciamo Piazza Unitร ed i suoi marmi bianchi coperti di ricordi dolorosi, e, attraverso i suoi portici, ci infiliamo nelle viscere di Trieste.
C'รจ Italo Svevo in piedi davanti ad un giardinetto, qualche negozio d'antan di fianco alle catene globalizzate, palazzi dalle tinte pastello ma un po' imbolsiti, vie pedonali dall'aria trascurata.
Piรน indietro, casermoni tronfi e altre squadrate brutture di epoca fascista.
La macchina fotografica ci resta in mano, inerte.
Imbocchiamo i ciottoli in salita che portano in alto, verso il cuore medievale e la Cattedrale di San Giusto.
I vicoli sono tortuosi e fiancheggiano altra scarsa cura. C'รจ un arco di epoca romana, strada facendo, semi in rovina ma che attrae ancora l'attenzione e che si chiama Arco di Riccardo: un nome poco latino, in effetti, ma si tratta piรน di un soprannome, dovuto forse al passaggio da queste parti di Riccardo Cuor di Leone, oppure riferito al cardo, inteso come arteria stradale della polis romana, all'interno del quale rappresentava un punto strategico.
"Ma magari non potrebbe anche essere, che so, che questo Riccardo era uno che abitava qua vicino e che era conosciuto da mezza Trieste, per cui, quando dava appuntamento agli altri usando l'arco come punto di riferimento, tutti dicevano - Andiamo all'Arco di Riccardo! - e da allora รจ rimasto?"
"Puรฒ darsi, perรฒ cosรฌ รจ meno affascinante"
"Va beh"
San Giusto compare in cima, e i gradoni di ciottoli, affiancati da due filari di pioppi, fungono da punto di fuga.
E' una bellezza romanica, la cattedrale di Trieste, ed รจ circondato da moncherini di bellezze ancor piรน antiche: c'รจ un Museo Archeologico, dietro le cinte murarie, e resti di capitelli nello spiazzo di fronte fanno da area relax.
C'รจ il sole, e ci sediamo anche noi.
Siamo in alto, ma non si vede molto - solo il mare, forse, a sprazzi.
Le aspettative, alla fine, sono storie che ci raccontiamo, mondi virtuali che creiamo nella nostra testa espandendo una percezione, piantando una sensazione nel terreno e facendola fiorire in una foresta rigogliosa contro cui la realtร avrร sempre molta ansia da prestazione. O meglio, ce l'avrebbe qualora gliene fregasse qualcosa del nostro giudizio.
E, mentre eravamo lรฌ, fra rovine romane, in questo soleggiato pomeriggio di Pasqua, mi stavo domandando, alla fine, come mai mi ero creata tutte queste aspettative su Trieste.
In realtร mi stavo domandando perchรฉ ci creiamo aspettative, in generale.
Un'aspettativa รจ avere gli occhi chiusi - finchรฉ non li apri.
E io, adesso che li ho aperti, alla fine cerco sempre il mare.
["No, ma a me di 'ste robe qua da cervelloni, del data mining, dei forecast e di tutta la matematica quantistica di 'sto gran ca...volo, non me ne frega una cippa, con permesso parlando"
Il mattino dopo c'era stato il colloquio. Il responsabile dell'area che cercava un nuovo consulente di business intelligence ha un grosso naso rosso e spugnoso ed i capelli bianchi incolti e spettinati. Mentre parlavo si grattava la pancia sotto la camicia e sbuffava.
"Come non te ne frega una cippa? Dai, non fare cosรฌ" tenta di mediare il logorroico dai capelli impomatati, tossicchiando imbarazzato.
"Ma no. Questo รจ un lavoro da scimmia ammaestrata. Non mi serve uno che abbia ambizioni da ingegnere della NASA - perchรฉ poi sai che fanno questi qua? Si annoiano e scappano!"
Mentre siamo in taxi diretti alla stazione, Impomatato cerca di recuperare qualche punto: "Beh... comunque non รจ andata male, dai" dice, esibendo un sorriso tirato.
"No?"
"Beh, sai, lui รจ fatto cosรฌ... e poi..." tossicchia "fra gli altri candidati sicuramente non ci sarร nessun'altra bella ragazza come te"
"Perรฒ mi dispiace che non mi abbia chiesto quale sia il mio peggior difetto"
"Ah, ti eri preparata una risposta?"
"Il mio peggior difetto รจ che ho sempre aspettative troppo alte. Ad esempio speravo che questa fosse una posizione per cui saper fare bene il mio lavoro potesse contare qualcosa"]
"Corri, che ce la facciamo!!"
Il Molo Audace รจ giรน, in fondo alla strada. Un miraggio che sembra sufficiente allungare la mano per riuscire ad acchiapparlo - eppure stiamo telando con passo da bersagliere da non so quanto, ma รจ ancora lontano.
"Aspettaci!!" vorrei dire. Lo dico, in realtร - ma sono consapevole del fatto che un tramonto non abbia intenzione di darmi retta.
Io & Ginger abbiamo cenato nel "miglior ristorante indiano di Trieste": i due gestori avevano sรฌ i lineamenti del Punjab ma l'indole era piรน da cinepanettone nostrano, fra doppisensi trash e galanteria artefatta. E il pollo al curry che fanno in mensa รจ piรน esotico del loro.
Vito Vindaloo e Sal Samosa dello slow food avevano solo i ritmi - pertanto, nonostante fossimo andate a cenare molto presto con l'intenzione di correre poi al Molo per fotografare il tramonto, stiamo rischiando di perdercelo.
Ma forse mi ha ascoltato, e ci aspetta.
Arriviamo sulla lunga banchina del molo col fiatone, ipnotizzate.
Attorno a noi una piccola folla - tante sagome nere che si stagliano contro la tavolozza arancio-porpora in cui il cielo si sta sfumando; e che il mare, di rimando, accoglie nel suo abbraccio.
Anche questa era un'aspettativa - ma, chissร come mai, alle aspettative nemmeno ci pensi piรน, quando la realtร ti fa questi regali.
C'รจ una barca che scivola lontana sull'orizzonte in questo mare di fuoco, qualche gabbiano in mezzo al sole morente.
Dietro, piazza Unitร sta indossando il suo abito da sera fatto di luci: si sta preparando per salire sul palcoscenico quando sarร di nuovo il suo turno.
Intanto c'รจ ancora il tramonto a dar spettacolo, e nel silenzio si respira quasi una specie di estasi, un incanto mozzafiato da sindrome di Stendhal.
Un'aspettativa, a volte, รจ anche la molla che ti spinge a provare.
E, che tu rimanga delusa o meno, alla fine, avrai se non altro una nuova storia da raccontare.
E qualche ricordo, fatto di tramonti, di mare e di ragazze che cuciono bandiere, racchiuso da qualche parte.
[Forse tra i candidati c'era qualche ragazza piรน bella di me, in ogni caso non ho superato quel colloquio.
Per fortuna.
Sono passati nove anni, e oggi ho un lavoro in cui posso usare le mie competenze di data mining e forecasting. La matematica quantistica in effetti no - ma รจ anche perchรฉ non esiste]
L'anno era il 2010. Il mese aprile, probabilmente. Sul giorno, di conseguenza, non sono in grado di dare indicazioni. La sera รจ tie...
Trieste e le aspettative
L'anno era il 2010. Il mese aprile, probabilmente. Sul giorno, di conseguenza, non sono in grado di dare indicazioni.
La sera รจ tiepida, piazza Unitร d'Italia illuminata. E' come se indossasse un abito di gala, fatto del velluto buio della notte, scuro, suadente, tempestato di luci calde e preziose, che si sfumano nei suoi anfratti, che arricchiscono i suoi dettagli di un chiaroscuro espressivo.
Di lร , al fondo, oltre alla strada, alla fine di quei gradini che scendono e si perdono nel mistero, ci deve essere il mare. Il mare di notte si indovina - รจ fatto di fruscii e profumi, il resto sono suggestioni.
"Ti va di fare una passeggiata o preferisci andare in albergo a riposarti?"
Mi andrebbe, in realtร .
Ma รจ il mio accompagnatore che non mi va. Sorride sotto agli occhiali e al naso camuso, mentre si alliscia i capelli impomatati. La giacca gli tira sulla pancia. E' gentile, ma logorroico. Sono nove ore che cerca di rendersi interessante, senza sosta. Io ormai ci ho rinunciato da tempo.
Sono qui per lavoro - per fare un colloquio, in realtร .
Le modalitร d'ingaggio delle societร di consulenza in body rental ricordano le audizioni per i programmi tv. Solo che non devi dire che sai cantare e ballare, ma che sai programmare in Java e usare Oracle. E soprattutto che cerchi occasioni di crescita per uscire dalla tua zona di comfort e sei portata per il lavoro in team.
Abbiamo cenato a base di pesce, ma non ricordo che cosa.
Vedo un'ombra agitarsi sotto una macchina parcheggiata di fianco al marciapiede. L'ombra si trasforma in una coda glabra e coriacea: รจ un grosso topo.
"Tornerei in albergo, grazie".
Avevo detto che a Trieste ci sarei voluta tornare.
Era stato solo un aperitivo veloce, di quelli in cui nemmeno mangi - solo al massimo un paio di noccioline; ma mi era sembrato promettente e ci volevo tornare.
C'รจ un treno comodo che parte da Torino quando finisco di lavorare il venerdรฌ prima di Pasqua, e poco prima delle dieci io e Ginger siamo lรฌ in albergo.
Mentre faccio da guida con Google Maps in mano, allungo lo sguardo in mezzo al buio, fra le file ordinate di edifici squadrati: laggiรน, da qualche parte, c'รจ piazza Unitร d'Italia.
Laggiรน, da qualche parte, c'รจ anche il mare. Per me, che non vengo da una cittร di mare, quando vado nei posti in cui invece il mare c'รจ, รจ un po' come se mi dicessero: "Qui c'รจ la magia, tutte le altre sono cittร babbane...".
E' come se fosse una sirena che canta, una specie di calamita: lo cerco sempre, annusando l'aria - e mi emoziono quando lo vedo sbucare da qualche parte, in uno spiraglio fra le case, una linea dritta sull'orizzonte, un po' piรน scura del cielo.
Piazza Unitร d'Italia mi aspetto che sia questo: uno scrigno per contenere tutta questa magia.
E' una piazza, ed รจ bella - ha quell'eleganza asburgica austera, slanciata verso l'alto, con pochi fronzoli ma giusti. E' raccolta come se fosse un salotto - un salotto ampio ed elegante, senza troppi ninnoli, solo grandi spazi per girare a testa in su: forse a sentirsi piccoli, forse a sentirsi semplicemente incantati.
Ma, al contrario di tante altre piazze, non รจ un cerchio racchiuso - si spalanca: apre le braccia, si tuffa. Verso il mare.
Vista al mattino presto รจ diversa da come me la ricordavo, anni fa, nel suo abito di gala notturno: la luce รจ tenue ed un po' tersa, รจ un po' come se fosse sbiadita, senza trucco.
In questa piazza sono state scritte le pagine piรน importanti, e spesso tristi, della storia della cittร , entrata ed uscita dall'Italia piรน volte - e non sempre per sua volontร .
Di fronte, con le spalle girate verso gli hangar di cemento del porto, ci sono le Ragazze di Trieste, mule di bronzo sedute sul molo, gambe incrociate ed aria concentrata, mentre cuciono la bandiera italiana.
Chissร se ogni tanto fanno una pausa e contemplano il mare.
Chissร se, invece, preferiscono non fermarsi - perchรฉ, se lo facessero, sentirebbero ancora le orecchie fischiare per qualche eco distante, memoria vibrante impressa nei marmi alle loro spalle di alcune di quelle pagine che sono state scritte lรฌ, con parole tonanti e crudeli.
Il 18 settembre 1938 Mussolini proclamรฒ da qui le Leggi Razziali, che sancirono l'inizio dell'orrore.
Le Ragazze sono statue immobili e continuano a cucire il tricolore - che, nella metafora di un monumento, non รจ solo una bandiera di stoffa, ma un simbolo di libertร . Noi che siamo fatti di carne e caducitร in movimento dovremmo sapere che anche noi abbiamo un tricolore da cucire: un tricolore che รจ anche fatto di queste pagine atroci, della loro consapevolezza e della volontร di far sรฌ che non si ripetano mai piรน, sotto nessuna forma.
L'avremo studiata bene la lezione? Oppure amiamo talmente tanto proclamarci ignoranti da non voler nemmeno vedere quali sono i pericoli di questi echi che stanno tornando a farsi sentire?
["Sei pronta? Vuoi che ripassiamo un attimo qualche domanda?"
"Non so. Che tipo di domande? Domande tecniche?"
"Ma no, nessuno ai colloqui fa domande tecniche. Le tue abilitร tecniche sono nel tuo curriculum. A loro interessa di piรน capire come sai muoverti a livello relazionale. Ad esempio se ti chiedesse qual รจ il tuo peggior difetto, tu cosa risponderesti?"
"Dipende se gradisce una risposta sincera o no"
"Una ragazza graziosa non ha bisogno di essere sincera. Cerca piuttosto di essere diplomatica. E sorridi un po' di piรน - si gioca tutto sulla prima impressione"]
Lasciamo Piazza Unitร ed i suoi marmi bianchi coperti di ricordi dolorosi, e, attraverso i suoi portici, ci infiliamo nelle viscere di Trieste.
C'รจ Italo Svevo in piedi davanti ad un giardinetto, qualche negozio d'antan di fianco alle catene globalizzate, palazzi dalle tinte pastello ma un po' imbolsiti, vie pedonali dall'aria trascurata.
Piรน indietro, casermoni tronfi e altre squadrate brutture di epoca fascista.
La macchina fotografica ci resta in mano, inerte.
Imbocchiamo i ciottoli in salita che portano in alto, verso il cuore medievale e la Cattedrale di San Giusto.
I vicoli sono tortuosi e fiancheggiano altra scarsa cura. C'รจ un arco di epoca romana, strada facendo, semi in rovina ma che attrae ancora l'attenzione e che si chiama Arco di Riccardo: un nome poco latino, in effetti, ma si tratta piรน di un soprannome, dovuto forse al passaggio da queste parti di Riccardo Cuor di Leone, oppure riferito al cardo, inteso come arteria stradale della polis romana, all'interno del quale rappresentava un punto strategico.
"Ma magari non potrebbe anche essere, che so, che questo Riccardo era uno che abitava qua vicino e che era conosciuto da mezza Trieste, per cui, quando dava appuntamento agli altri usando l'arco come punto di riferimento, tutti dicevano - Andiamo all'Arco di Riccardo! - e da allora รจ rimasto?"
"Puรฒ darsi, perรฒ cosรฌ รจ meno affascinante"
"Va beh"
San Giusto compare in cima, e i gradoni di ciottoli, affiancati da due filari di pioppi, fungono da punto di fuga.
E' una bellezza romanica, la cattedrale di Trieste, ed รจ circondato da moncherini di bellezze ancor piรน antiche: c'รจ un Museo Archeologico, dietro le cinte murarie, e resti di capitelli nello spiazzo di fronte fanno da area relax.
C'รจ il sole, e ci sediamo anche noi.
Siamo in alto, ma non si vede molto - solo il mare, forse, a sprazzi.
Le aspettative, alla fine, sono storie che ci raccontiamo, mondi virtuali che creiamo nella nostra testa espandendo una percezione, piantando una sensazione nel terreno e facendola fiorire in una foresta rigogliosa contro cui la realtร avrร sempre molta ansia da prestazione. O meglio, ce l'avrebbe qualora gliene fregasse qualcosa del nostro giudizio.
E, mentre eravamo lรฌ, fra rovine romane, in questo soleggiato pomeriggio di Pasqua, mi stavo domandando, alla fine, come mai mi ero creata tutte queste aspettative su Trieste.
In realtร mi stavo domandando perchรฉ ci creiamo aspettative, in generale.
Un'aspettativa รจ avere gli occhi chiusi - finchรฉ non li apri.
E io, adesso che li ho aperti, alla fine cerco sempre il mare.
["No, ma a me di 'ste robe qua da cervelloni, del data mining, dei forecast e di tutta la matematica quantistica di 'sto gran ca...volo, non me ne frega una cippa, con permesso parlando"
Il mattino dopo c'era stato il colloquio. Il responsabile dell'area che cercava un nuovo consulente di business intelligence ha un grosso naso rosso e spugnoso ed i capelli bianchi incolti e spettinati. Mentre parlavo si grattava la pancia sotto la camicia e sbuffava.
"Come non te ne frega una cippa? Dai, non fare cosรฌ" tenta di mediare il logorroico dai capelli impomatati, tossicchiando imbarazzato.
"Ma no. Questo รจ un lavoro da scimmia ammaestrata. Non mi serve uno che abbia ambizioni da ingegnere della NASA - perchรฉ poi sai che fanno questi qua? Si annoiano e scappano!"
Mentre siamo in taxi diretti alla stazione, Impomatato cerca di recuperare qualche punto: "Beh... comunque non รจ andata male, dai" dice, esibendo un sorriso tirato.
"No?"
"Beh, sai, lui รจ fatto cosรฌ... e poi..." tossicchia "fra gli altri candidati sicuramente non ci sarร nessun'altra bella ragazza come te"
"Perรฒ mi dispiace che non mi abbia chiesto quale sia il mio peggior difetto"
"Ah, ti eri preparata una risposta?"
"Il mio peggior difetto รจ che ho sempre aspettative troppo alte. Ad esempio speravo che questa fosse una posizione per cui saper fare bene il mio lavoro potesse contare qualcosa"]
"Corri, che ce la facciamo!!"
Il Molo Audace รจ giรน, in fondo alla strada. Un miraggio che sembra sufficiente allungare la mano per riuscire ad acchiapparlo - eppure stiamo telando con passo da bersagliere da non so quanto, ma รจ ancora lontano.
"Aspettaci!!" vorrei dire. Lo dico, in realtร - ma sono consapevole del fatto che un tramonto non abbia intenzione di darmi retta.
Io & Ginger abbiamo cenato nel "miglior ristorante indiano di Trieste": i due gestori avevano sรฌ i lineamenti del Punjab ma l'indole era piรน da cinepanettone nostrano, fra doppisensi trash e galanteria artefatta. E il pollo al curry che fanno in mensa รจ piรน esotico del loro.
Vito Vindaloo e Sal Samosa dello slow food avevano solo i ritmi - pertanto, nonostante fossimo andate a cenare molto presto con l'intenzione di correre poi al Molo per fotografare il tramonto, stiamo rischiando di perdercelo.
Ma forse mi ha ascoltato, e ci aspetta.
Arriviamo sulla lunga banchina del molo col fiatone, ipnotizzate.
Attorno a noi una piccola folla - tante sagome nere che si stagliano contro la tavolozza arancio-porpora in cui il cielo si sta sfumando; e che il mare, di rimando, accoglie nel suo abbraccio.
Anche questa era un'aspettativa - ma, chissร come mai, alle aspettative nemmeno ci pensi piรน, quando la realtร ti fa questi regali.
C'รจ una barca che scivola lontana sull'orizzonte in questo mare di fuoco, qualche gabbiano in mezzo al sole morente.
Dietro, piazza Unitร sta indossando il suo abito da sera fatto di luci: si sta preparando per salire sul palcoscenico quando sarร di nuovo il suo turno.
Intanto c'รจ ancora il tramonto a dar spettacolo, e nel silenzio si respira quasi una specie di estasi, un incanto mozzafiato da sindrome di Stendhal.
Un'aspettativa, a volte, รจ anche la molla che ti spinge a provare.
E, che tu rimanga delusa o meno, alla fine, avrai se non altro una nuova storia da raccontare.
E qualche ricordo, fatto di tramonti, di mare e di ragazze che cuciono bandiere, racchiuso da qualche parte.
[Forse tra i candidati c'era qualche ragazza piรน bella di me, in ogni caso non ho superato quel colloquio.
Per fortuna.
Sono passati nove anni, e oggi ho un lavoro in cui posso usare le mie competenze di data mining e forecasting. La matematica quantistica in effetti no - ma รจ anche perchรฉ non esiste]
About author: Serena Chiarle
Analitica come stile di vita, e data scientist di professione. Introversa e fiera di esserlo, ho come arma preferita il sarcasmo. Viaggio spesso con il pensiero e ogni tanto anche dal vivo. Leggo per legittima difesa e scrivo con premeditazione di reato - oppure per evitare di commetterne. Bevo vino rosso, caffรฉ senza zucchero, parlo con i gatti e fotografo tramonti. Amo le contraddizioni perchรฉ รจ cosรฌ che funziona.
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Io sono arrivata a Trieste senza aspettative e ad ogni passo mi sono innamorata sempre piรน! Ogni volta che sono stata in zona ci sono tornata. Se mai ti capitasse di tornarci vai a mangiare al Buffet da Pepi, non all'indiano! ๐
RispondiEliminaA me non ha colpito... ma proverรฒ a darle una seconda chance, prima o poi ;)
EliminaDagliela, se capita l'occasione... anche se capisco bene che non ci si puรฒ mica innamorare tutti degli stessi luoghi! Per fortuna ce n'รจ per tutti i gusti. :-)
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