Lo sai che in Perù puoi incontrare lama passeggiare tranquilli ed un po' indolenti per la strada, proprio qua incontri i piccioni?
Non che un lama sia paragonabile ad un piccione - in nessuna maniera.
Il lama è più simpatico, tanto per dirne una.
E, ok, ora per favore non incaponitevi subito, voi del Movimento Operazione Simpatia per i Piccioni: lo so bene che spesso si è etichettati come antipatici anche quando non lo si è, solamente perché non si nasce teneri e morbidosi. Ma i piccioni non è che siano proprio delle vittime innocenti. I piccioni cagano come non ci fosse un domani, tanto per cominciare.
E, mentre ho dovuto spendere una considerevole cifra per far verandare il mio balcone onde evitare ulteriori festini intestinali degli odiosi volatili, farei carte false per poter avere il terrazzo, i davanzali e magari anche il salotto invaso di lama.
Coltiverei anche quella piantina di cui sono tanto golosi - se non fosse che in Italia tutti la considerano con forti pregiudizi.
Ecco, a proposito di quella piantina, lo sai che in Perù te la offrono pressoché ovunque?
Negli alberghi ci sono boccioni di tisana come negli uffici si trovano quelli dell'acqua.
E foglie secche a disposizione degli ospiti. Da prendere a manciate e masticare - come fanno i lama.
Sa un po' di tè verde. Con un vago retrogusto di alloro.
Mi ricorda i decotti che faceva mia nonna - ma erano altre piantine, eh.
Però, insomma, smettiamola con questo pregiudizio.
Fonderei il Movimento Anti-Pregiudizio nei confronti della Pianta di Coca - altro che piccioni.
La coca è una fonte naturale di energia, che, al contrario della sua pericolosa figliastra raffinata e chimicizzata, non ha alcun effetto negativo, né tantomeno crea dipendenza.
Aiuta contro il soroche, il mal di montagna, ed ha effetti benefici contro la fatica e la stanchezza mentale: come il caffè, insomma, ma se possibile più potente e con meno danni collaterali.
Se solo in Occidente non la confondessimo con la droga che ne deriva, o, nei migliori dei casi, con quella corrosiva bevanda zuccherina che è l'altra sua figlia, solo un po' meno dannosa della prima, avremmo scoperto un miracoloso toccasana.
Del resto, scusate, se è vero che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, dovrebbe valere anche il contrario.
Sarebbe un po' come giudicare il valore artistico di Vittorio De Sica sulla base di quello di suo figlio Christian. O l'intelligenza di Giovanni Agnelli sulla base di quella di suo nipote John Elkann.
Ma lo sai che in Perù vanno pazzi per il panettone??
Sì, proprio il nostro panettone, quello che noi ci mangiamo solo a Natale, o che al massimo continuiamo a consumare fino alla nausea a colazione ancora a Pasqua o giù di lì, quando proprio ce ne regalano tanti.
Per loro è un dolce che si consuma in qualunque periodo dell'anno. Nei bar di Lima ne viene ostentata la foto in vetrina per segnalarlo in vendita fra le altre prelibatezze offerte.
Mi viene il dubbio che forse siamo noi che lo bistrattiamo un po' troppo.
Che lo diamo troppo per scontato.
Che ce ne ingozziamo per troppi giorni di fila, in un periodo in cui ci si ingozza alla grande di qualunque altra cosa, e al tempo stesso non ci basta più: lo dobbiamo alterare, arricchire, riempire di ulteriori salse, creme, zuccheri, calorie - espropiandolo della sua semplicità, facendolo diventare qualcosa che non è, qualcosa di esagerato.
I Peruviani non ci aggiungono nemmeno la coca.
Forse dovrebbero.
O forse no, perché sanno ancora apprezzare la bellezza delle cose più semplici.
Lo sai che in Perù arrivi come niente a 3000 metri?
Nemmeno te ne accorgi.
Credo di esserci già stata a 3000 metri, prima. Forse, penso. Però se lo ero ero circondata da spunzoni aguzzi di roccia, sentieri in salita, montagna ovunque - neve anche, probabilmente.
Qui no.
Sei in piano.
Vai avanti per ore attraversando un paesaggio lunare mozzafiato, simile ai deserti dell'Oregon ma senza balle di sterpi che rotolano - solo qualche vigogna da lontano che corre. Tutto piatto quindi.
Giusto qualche vetta in lontananza, ma che vuoi che sia - non sembrano nemmeno poi così alte. Sono un po' tozze, azzurrine, circondate da pennacchi di nuvole.
Ah no. Mica son nuvole.
Le montagne tozze sono vulcani - ci dicono dalla regia. E i pennacchi sono i loro personalissimi sbuffi che fuoriescono dai crateri.
Oh cacchio.
Ma tutto normalissimo, ci dicono sempre dalla regia, non c'è di che preoccuparsi.
Quindi niente, siamo a 3000 metri.
Sì, ok, mi sento un po' stordita. Ma che ne so se è l'altitudine, la sveglia all'alba, il jet-lag o Madre Natura che mi rende così.
Mi metto in bocca una caramella alla coca, ma a me non sembra di essere a 3000 metri.
Ho avvistato un bellissimo cartello di "Attenti ai lama" lungo la carreggiata, poco più in là di dove ci siamo fermati, faccio una corsa veloce per raggiungerlo e fotografarlo.
E ho il cuore che si è trasformato in un concerto dei Rammstein. Il fiato corto come se avessi corso la maratona di New York.
Ok, va bene, siamo a 3000 metri.
Anzi no - qui eravamo già quasi a 4000.
Come cavolo è possibile che si salga così senza nemmeno accorgersene?
Succede, in Perù.
Lo sai che in lingua quechua "montagna" si dice "picchu"?
C'è una montagna che si chiama Picchu Picchu.
Sembra un nome da Pokemon. Oppure un insulto in piemontese. Mi fa ridere, e invece è una sorta di "montagna delle montagne" - una montagna al quadrato.
Wow.
Machu Picchu invece vuol dire "montagna vecchia" - e anche qui, voglio dire, di montagne giovani personalmente non ne conosco: è vero che è tutto relativo, però chissà come facevano a dire che questa montagna fosse particolarmente più vecchia delle altre. Forse se li portava soltanto male. O forse, più probabilmente, era semplicemente considerata sacra - e il suo essere "vecchia" era da considerare come sinonimo di saggezza, di rispetto.
E, a proposito, lo sai che quechua in realtà è il vero nome del popolo che noi di norma (e con un po' di ignoranza) chiamiamo Inka?
"Inka" era semplicemente il titolo che davano ai loro re. Quechua invece è il nome della loro lingua, tutt'oggi parlata - hai capito quanto la sanno lunga quelli della Decathlon.
"Anche voi vi chiamate Italiani perché parlate italiano, mica vi chiamate Berlusconi" ci spiega la guida con una brutal metafora.
"Ma che centra, scusa, ha detto che gli Inka erano i re, Berlusconi mica è stato re?"
"Lascia stare..."
E, beh, poi lo sai che in Perù si mangia benissimo?
Sì, io un po' già lo sapevo. Mi ero debitamente preparata prima della partenza.
E poi lo diceva persino Cracco. Mica scemo, Cracco.
Che si mangia?
Gli ingredienti sono quelli tipici della cucina sudamericana, fra riso, pollo, spezie. Poveri ma saporitissimi.
Ma il Perù ci aggiunge una speciale commistione con l'Asia: non solo ha influenze cinesi, che si trovano riflesse nei numerosissimi ristoranti chifa che si trovano in giro (e che sono, appunto, un medley fra Cina e tradizioni culinarie locali), e nella cottura tramite wok e salsa di soia di alcuni piatti (il lomo saltado è il più celebre); ma c'è anche un pizzico di Giappone, che si riflette ad esempio nel ceviche, una delizia di pesce crudo - marinato però in latte di cocco, lime e peperoncino.
E se poi, mentre lo stai mangiando in un ristorante con vista sul Lago Titicaca, arriva a spiarti con gli occhi languidi una bestiolina che si chiama viscaccia, ed è una specie di leprotto con le orecchie corte e la coda lunghissima - beh, non centra niente col cibo, ma è di sicuro un valore aggiunto.
Lo sai che in Perù le case a volte non vengono intonacate?
E' perché così non risultano "finite" e, anche se vengono abitate, si paga solo il 50% delle tasse.
Non è un paese ricco, il Perù.
Ora forse dovrei scrivere una di quelle banalità che tirano fuori i turisti occidentali in questi casi.
"Ah, ma sono sempre tutti così allegri e sorridenti..."
Ma che cosa vorrebbe dire?
Sì, certo, erano sempre tutti parecchio sorridenti. Abbiamo incontrato molta gentilezza e disponibilità. E in apparenza sembravano anche tutti allegri, tutto sommato. Ma che ne so io?
Non è che possa capire se il tasso di allegria in Perù sia davvero più alto che in Italia dopo esserci stata appena 10 giorni.
Però una cosa mi ha colpita.
La sicurezza. La maggior parte delle città peruviane ha un tasso di delinquenza sorprendentemente basso.
Per dirne una, gli agenti di cambio, che tra l'altro sono quasi tutte donne, lavorano per strada, tranquillamente, con corpose mazzette di banconote ficcate nelle tasche dei giubbotti. Ho cambiato 200 dollari e questa signora, sotto il mio sguardo un po' basito, ha estratto con totale non-chalance una pila di soles così voluminosa che non le stava nemmeno in mano.
Mi sono domandata per qualche istante se una cosa del genere in Italia sarebbe stata possibile.
Ovviamente era una domanda retorica.
Solo in Perù, non te lo devo dire. Lo sai benissimo anche tu.
E lo sai, invece, cosa trovi se entri in una chiesa in Perù?
Forse questo è un aspetto comune un po' a tutto il Sud America, ma io sono neofita in questo, e mi ha colpita. Del resto ricalca ciò che già avviene in Spagna, o in alcune parti dell'Italia meridionale, ma è ancora più enfatizzato.
E' una religiosità molto colorata, a tinte forti, quasi da melodramma.
E' vistosa, rumorosa, non ha paura di urlare più forte di tutti.
Se entri in una chiesa in Perù trovi nicchie piene di statue con abiti variopinti, ricchissimi in stoffe, decorazioni, abbinamenti azzardati che al confronto fanno apparire sobrie certe creazioni di Desigual. Ricordano, del resto, lo stile dei costumi tradizionali locali.
I Gesù in croce non indossano il semplice perizoma bianco che si trova nella nostra iconografia: qui il senso del pudore ha delle soglie diverse, e non lo riteneva accettabile.
Gesù qui indossa lunghi gonnelloni dalle tinte accese, intessuti di passamaneria sgargiante e fili sbriluccicosi.
Il petto però è nudo - la carnagione bianchissima, di un pallore ancora più enfatizzato, forse per far risaltare il contrasto con la pelle olivastra della popolazione locale, o forse per quello con le numerosissime piaghe sanguinanti, di un rosso carico, accesissimo, di cui la statua è cosparsa. Anche l'espressione di sofferenza è accentuata, quasi grottesca.
Gesù ha la carnagione chiara, ed ha la barba. Nessun peruviano porta la barba lunga: l'etnia quechua è quasi glabra - erano gli Spagnoli, i conquistadores a portarla. Gesù era il dio dei bianchi, somigliava a loro. Somigliava a quel Francisco Pizarro che mise a ferro e fuoco la popolazione locale, ma che adesso ha una sontuosa tomba all'interno di una cappella nella cattedrale di Lima, venerato quasi come un santo. O anche lui come un dio.
Ciò nonostante i Peruviani ancora oggi sono cristiani ferventi.
Ma non hanno abbandonato del tutto ciò che c'era prima. Pregano in Chiesa; ma se devono pregare per il raccolto si rivolgono agli antichi dei dei loro antenati.
Ancora oggi.
Ed infine - lo sai che in Perù ci lasci un pezzo di cuore?
Ma questo non riesco a spiegartelo con le parole.
Ci devi proprio andare, mi sa...
Come sempre, un bellissimo articolo fatto di suggestioni e impressioni che ti inducono a desiderare fortissimamente di essere lì, proprio in quel luogo, subito.
RispondiEliminaGrazie :)
EliminaNon sono mai stata in Sud America (solo in Messico, ma in realtà non conta perché se non sbaglio viene considerato Nord America) ma è un continente che mi ispira moltissimo. Conosco anche molto poco del Perù e quello che mi hai fatto scoprire mi ha incuriosita molto. Sapevo delle foglie di coca perché una peruviana che ora vive in Italia mi ha portato delle caramelle di coca, dal gusto e dall'aspetto molto simile alle nostre "mou" ma più amare. Non sapevo però del nome quechua né di Gesù in gonnelloni variopinti ;)
RispondiEliminaBellissimo racconto, come sempre!
Grazie!
EliminaPer me era la prima volta in Sud America: ho rotto il ghiaccio con il Perù e spero di tornarci presto, perché c'è ancora moltissimo che vorrei vedere.
E' un paese davvero incantevole ed è stato un viaggio ricco di scoperte! Ne racconterò ancora...
Abbiamo viaggiato insieme e le impressioni sono le stesse. Un Paese dalle contraddizioni latine: maestosità delle montagne e umiltà delle persone; incompiutezza delle case e ricchezza dei vestiti tradizionali; bambini che si gettano tra le tue braccia per toccare una macchina fotografica e alpaca riservati che qualche volta si atteggiano a star da red carpet; cerviche da far rimpiangere a una ginger cat come me, che non ama il pesce, di non averlo provato prima, a empanadas di pollo da far dimenticare, o quasi, la squisitezza dei Cornish Pasties... Unico rimpianto: le montagne dell'arcobaleno...Ulteriore motivo per ritornarci...un giorno...
RispondiEliminaGià. Le mancate Montagne Arcobaleno sono state un vero peccato!!
EliminaMa io dico sempre che bisogna lasciarsi qualcosa indietro per poter ritornare...
La piatta vastità montana più grande in cui sono stata è quella di Campo Imperatore ma mi sa che quella che hai trovato tu in Perù è un po' più vasta e in alto... comunque, ne sentissi troppo la mancanza 8o anche solo per curiosità), ti consiglio di fare un salto in Abruzzo! Magari ci sei già stata...
RispondiEliminaDa un po' non mi capitava di farmi portare a spasso dai tuoi racconti, piacevolissimo anche stavolta!
No, non la conoscevo!
EliminaGrazie per il suggerimento, la terrò presente ;-)
e di pisco ne hai bevuto? :)
RispondiEliminaClaro que si ;)
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