gennaio 20, 2017
Stavo pensando se i castelli britannici si possono definire i più belli al mondo.
O perlomeno - se, quando qualcuno pronuncia la parola "castelli", il Regno Unito sia il primo Paese con cui viene da fare l'associazione mentale.
Immagino che i Francesi avrebbero qualcosa da ridire in merito - ma i Francesi del resto hanno sempre qualcosa da ridire. Dopotutto anche noi non scherziamo in quanto a parco castelli - ma quando mai siamo in grado di vantarci di qualcosa, preferiamo lasciarla cadere a pezzi e dimenticarci che ce l'abbiamo.
Comunque - in realtà è una bella lotta, quindi facciamo che lasciamo sospesa ai posteri l'ardua sentenza e io mi limito a dirvi i motivi perché i castelli del Regno Unito sono i miei preferiti:
1) ce n'è per tutti i gusti: bellissime fortezze diroccate piene di malinconia, manieri infestati di fantasmi e leggende, ricche dimore perfettamente conservate ed ancora abitate a pieno titolo da conti e duchi - il mio debole va a quelli diroccati, dove la mia anima decadente si esalta di più;
2) quasi sempre sono ancora abitati, quindi, anche quando ci si aggira nelle parti visitabili dal pubblico, si ha un po' l'impressione di essere stati invitati a casa di qualcuno a prendere il té: nei salotti ci sono le foto di famiglia incorniciate, nelle biblioteche ci sono libri e riviste appoggiati sui divanetti come se qualcuno avesse appena terminato di leggerli. In questi frangenti mi viene da pensare che tutto sommato è una fortuna che io non sia una contessa britannica, perché con tutte le cose che ho l'abitudine di lasciare in giro per casa forse non ci farei una gran bella figura con i visitatori: una bella biblioteca del 1600, con tappeti persiani e ceramiche di Capodimonte, sembrerebbe decisamente meno elegante se fosse invasa da agende, fogli, stickers, penne, cataloghi di viaggi, bollette della luce, macchine fotografiche, peluche di gatti neri e tutte le altre amenità che di solito lascio in giro;
3) esiste (quasi) sempre anche un percorso di visita didattico ad hoc per i bambini, che, attraverso fumetti, cacce al tesoro, indovinelli ed altre attività ludiche, hanno l'opportunità di imparare un po' di Storia giocando - e, probabilmente, unendolo anche alla visita dal vivo di un luogo che è stato teatro di tanti avvenimenti, riesce a rimaner loro impressa in maniera più efficace. E comunque anch'io, che ho superato la soglia anagrafica della fanciullezza da tempo, spesso mi diverto a travestirmi da principessa medievale o ad uccidere draghi di peluche;
4) c'è sempre una caffetteria in cui rimettersi in sesto dopo una lunga visita, magari in una giornata piovosa, a suon di scones con la marmellata e fette a tre piani di Victoria Sponge Cake.
All'interno della scuderia di castelli britannici che ho visitato, il Castello di Arundel è indubbiamente fra quelli che mi hanno affascinata di più.
Non è particolarmente famoso come meta - ma io sono una ferma sostenitrice del fatto che non sempre la fama sia direttamente proporzionale a fascino e bellezza di un luogo, e viceversa.
Si trova nel West Sussex, non distante da Brighton - ed ha davvero tutto quel che un castello inglese che si rispetti dovrebbe offrire.
E' immerso in un bel parco verde, incolto e selvatico il giusto, come i parchi inglesi sanno essere: c'è qualche quercia secolare, una cappella medievale che sbuca fuori fra l'erba alta e distese di papaveri rossi.
Le sue alte mura di cinta merlate, dall'aria seriosa ed assertiva, circondano tutto questo, come se fosse uno scrigno in cui il tempo si è fermato.
Da un passaggio ad arco al loro interno si riesce a sbirciare l'eleganza geometrica del giardino all'italiana che è il fiore all'occhiello di questo maniero - ma questo è da visitare dopo, prima vogliamo vedere il castello dall'interno, fingendo che la padrona di casa ci abbia invitate per il té.
Il castello sorge su una piccola collina, e la sua facciata medievale, un po' fiabesca ed un po' austera, nasconde degli interni arredati con un gusto classico ma più recente, dando l'impressione di un posto in cui si vive e si abita, e in cui c'è calore, in cui c'è cura dei dettagli.
Mi è rimasta impressa in particolare la biblioteca, grande e rotonda, con gli scaffali di legno antichi e solidi, alti fino al soffitto, pieni di volumi rilegati in pelle, e le vetrate delle finestre con vista panoramica sui giardini.
Ma mi ricordo anche il piano superiore, con i corridoi più stretti e le stanzette più piccole riservate alla servitù, con le moquette in colori chiari, la carta da parati a righine rosa ed i copriletti a fantasia floreale - e mi ricordo di aver pensato che tutto sommato non mi sarebbe dispiaciuto far parte della servitù di questo posto...
E finalmente è giunto il momento di visitare il giardino, questo idillio geometrico che finora avevamo soltanto intravisto attraverso i varchi dei muri di cinta o le vetrate della biblioteca.
Il giardino all'italiana è un'armonia verde fatta di siepi ordinatissime, vasche rettangolari, fontane, archi, palme e fiori.
Verso il fondo, dentro una grotta artificiale ricoperta di conchiglie, c'è una corona di ferro che danza su uno zampillo d'acqua.
Non so perché mi ricorda "Il Trono di Spade". Mah. E' un'associazione mentale un po' insensata. Non importa, è tipico mio.
Al fondo, al confine con la recinzione della Cattedrale, c'è il giardino delle erbe officinali.
Questo è molto più raccolto e semplice di quello all'italiana - sembrano due personaggi imparentati eppure molto diversi, un po' come i protagonisti di quelle fiabe in cui il principe ed il povero si somigliano.
Ma "povero" non è un aggettivo adatto per questo giardino: per me ha non meno fascino dell'altro, anche se si tratta di un fascino diverso - il fascino delle cose semplici, attente alla sostanza più che all'apparenza, ma che lasciano trasparire una genuinità talmente luminosa che è ancora più bella di qualunque cura artefatta.
E' molto inglese questo angolo di giardino, con la sua aria un po' da romanzo vittoriano, la panchine all'ombra delle rose rampicanti, le aiuole di fiori misti, lilla, rosa, celesti. Con le sue serre adibite ad orto ed un pozzo di mattoni a cui attingere acqua. Con gli spaventapasseri in mezzo alle zucche e i cottage dal tetto di paglia circondati di erbe officinali poeticamente incolte.
Talmente inglese che, forse, è diventato il motivo #5 per cui i castelli di questa isola strana e meravigliosa sono i miei preferiti...
Stavo pensando se i castelli britannici si possono definire i più belli al mondo. O perlomeno - se, quando qualcuno pronuncia la parola...
Arundel, un castello da fiaba
Stavo pensando se i castelli britannici si possono definire i più belli al mondo.
O perlomeno - se, quando qualcuno pronuncia la parola "castelli", il Regno Unito sia il primo Paese con cui viene da fare l'associazione mentale.
Immagino che i Francesi avrebbero qualcosa da ridire in merito - ma i Francesi del resto hanno sempre qualcosa da ridire. Dopotutto anche noi non scherziamo in quanto a parco castelli - ma quando mai siamo in grado di vantarci di qualcosa, preferiamo lasciarla cadere a pezzi e dimenticarci che ce l'abbiamo.
Comunque - in realtà è una bella lotta, quindi facciamo che lasciamo sospesa ai posteri l'ardua sentenza e io mi limito a dirvi i motivi perché i castelli del Regno Unito sono i miei preferiti:
1) ce n'è per tutti i gusti: bellissime fortezze diroccate piene di malinconia, manieri infestati di fantasmi e leggende, ricche dimore perfettamente conservate ed ancora abitate a pieno titolo da conti e duchi - il mio debole va a quelli diroccati, dove la mia anima decadente si esalta di più;
2) quasi sempre sono ancora abitati, quindi, anche quando ci si aggira nelle parti visitabili dal pubblico, si ha un po' l'impressione di essere stati invitati a casa di qualcuno a prendere il té: nei salotti ci sono le foto di famiglia incorniciate, nelle biblioteche ci sono libri e riviste appoggiati sui divanetti come se qualcuno avesse appena terminato di leggerli. In questi frangenti mi viene da pensare che tutto sommato è una fortuna che io non sia una contessa britannica, perché con tutte le cose che ho l'abitudine di lasciare in giro per casa forse non ci farei una gran bella figura con i visitatori: una bella biblioteca del 1600, con tappeti persiani e ceramiche di Capodimonte, sembrerebbe decisamente meno elegante se fosse invasa da agende, fogli, stickers, penne, cataloghi di viaggi, bollette della luce, macchine fotografiche, peluche di gatti neri e tutte le altre amenità che di solito lascio in giro;
3) esiste (quasi) sempre anche un percorso di visita didattico ad hoc per i bambini, che, attraverso fumetti, cacce al tesoro, indovinelli ed altre attività ludiche, hanno l'opportunità di imparare un po' di Storia giocando - e, probabilmente, unendolo anche alla visita dal vivo di un luogo che è stato teatro di tanti avvenimenti, riesce a rimaner loro impressa in maniera più efficace. E comunque anch'io, che ho superato la soglia anagrafica della fanciullezza da tempo, spesso mi diverto a travestirmi da principessa medievale o ad uccidere draghi di peluche;
4) c'è sempre una caffetteria in cui rimettersi in sesto dopo una lunga visita, magari in una giornata piovosa, a suon di scones con la marmellata e fette a tre piani di Victoria Sponge Cake.
All'interno della scuderia di castelli britannici che ho visitato, il Castello di Arundel è indubbiamente fra quelli che mi hanno affascinata di più.
Non è particolarmente famoso come meta - ma io sono una ferma sostenitrice del fatto che non sempre la fama sia direttamente proporzionale a fascino e bellezza di un luogo, e viceversa.
Si trova nel West Sussex, non distante da Brighton - ed ha davvero tutto quel che un castello inglese che si rispetti dovrebbe offrire.
E' immerso in un bel parco verde, incolto e selvatico il giusto, come i parchi inglesi sanno essere: c'è qualche quercia secolare, una cappella medievale che sbuca fuori fra l'erba alta e distese di papaveri rossi.
Le sue alte mura di cinta merlate, dall'aria seriosa ed assertiva, circondano tutto questo, come se fosse uno scrigno in cui il tempo si è fermato.
Da un passaggio ad arco al loro interno si riesce a sbirciare l'eleganza geometrica del giardino all'italiana che è il fiore all'occhiello di questo maniero - ma questo è da visitare dopo, prima vogliamo vedere il castello dall'interno, fingendo che la padrona di casa ci abbia invitate per il té.
Il castello sorge su una piccola collina, e la sua facciata medievale, un po' fiabesca ed un po' austera, nasconde degli interni arredati con un gusto classico ma più recente, dando l'impressione di un posto in cui si vive e si abita, e in cui c'è calore, in cui c'è cura dei dettagli.
Mi è rimasta impressa in particolare la biblioteca, grande e rotonda, con gli scaffali di legno antichi e solidi, alti fino al soffitto, pieni di volumi rilegati in pelle, e le vetrate delle finestre con vista panoramica sui giardini.
Ma mi ricordo anche il piano superiore, con i corridoi più stretti e le stanzette più piccole riservate alla servitù, con le moquette in colori chiari, la carta da parati a righine rosa ed i copriletti a fantasia floreale - e mi ricordo di aver pensato che tutto sommato non mi sarebbe dispiaciuto far parte della servitù di questo posto...
E finalmente è giunto il momento di visitare il giardino, questo idillio geometrico che finora avevamo soltanto intravisto attraverso i varchi dei muri di cinta o le vetrate della biblioteca.
Il giardino all'italiana è un'armonia verde fatta di siepi ordinatissime, vasche rettangolari, fontane, archi, palme e fiori.
Verso il fondo, dentro una grotta artificiale ricoperta di conchiglie, c'è una corona di ferro che danza su uno zampillo d'acqua.
Non so perché mi ricorda "Il Trono di Spade". Mah. E' un'associazione mentale un po' insensata. Non importa, è tipico mio.
Al fondo, al confine con la recinzione della Cattedrale, c'è il giardino delle erbe officinali.
Questo è molto più raccolto e semplice di quello all'italiana - sembrano due personaggi imparentati eppure molto diversi, un po' come i protagonisti di quelle fiabe in cui il principe ed il povero si somigliano.
Ma "povero" non è un aggettivo adatto per questo giardino: per me ha non meno fascino dell'altro, anche se si tratta di un fascino diverso - il fascino delle cose semplici, attente alla sostanza più che all'apparenza, ma che lasciano trasparire una genuinità talmente luminosa che è ancora più bella di qualunque cura artefatta.
E' molto inglese questo angolo di giardino, con la sua aria un po' da romanzo vittoriano, la panchine all'ombra delle rose rampicanti, le aiuole di fiori misti, lilla, rosa, celesti. Con le sue serre adibite ad orto ed un pozzo di mattoni a cui attingere acqua. Con gli spaventapasseri in mezzo alle zucche e i cottage dal tetto di paglia circondati di erbe officinali poeticamente incolte.
Talmente inglese che, forse, è diventato il motivo #5 per cui i castelli di questa isola strana e meravigliosa sono i miei preferiti...
About author: Serena Chiarle
Analitica come stile di vita, e data scientist di professione. Introversa e fiera di esserlo, ho come arma preferita il sarcasmo. Viaggio spesso con il pensiero e ogni tanto anche dal vivo. Leggo per legittima difesa e scrivo con premeditazione di reato - oppure per evitare di commetterne. Bevo vino rosso, caffé senza zucchero, parlo con i gatti e fotografo tramonti. Amo le contraddizioni perché è così che funziona.
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