settembre 24, 2016
Le domeniche di settembre sono fatte per cercare cose belle.
Sono fatte per il sole caldo - non piĆ¹ caldo come prima, come pochi giorni fa: "Menomale", dici, si gira meglio. PerĆ² quasi non te lo ricordi piĆ¹ com'era il "troppo" caldo, come ti soffocava, come ti appiccicava - e non vuoi ammetterlo, perĆ² un po' ti dispiace. E non vuoi ancora aggiungere uno strato di vestiti.
Ancora vuoi un po' di illusione, finchƩ puoi.
Le domeniche di settembre sono fatte per crogiolarsi in questo sole, in questa illusione che sia ancora estate.
Le domeniche di settembre sono fatte per girare - non troppo lontano, non troppo vicino. Per scoprire qualcosa di nuovo ma non troppo: forse solo una declinazione diversa di quello che giĆ conosciamo, di qualcosa che, in un modo o nell'altro, sentiamo un po' nostro - oppure, semplicemente, un punto di vista diverso.
Le domeniche di settembre sono per andare nelle Langhe - a scivolare dolcemente fra le colline verdi, baciate dal viola dei frutti delle viti e dall'oro pallido del sole timido ma prorompente di inizio autunno.
Le domeniche di settembre sono fatte per i paesini arroccati in cima alle piccole alture tondeggianti di questo angolo di Piemonte, tutti con un campanile e, a volte, con un castello.
Le domeniche di settembre sono fatte per i piatti della tradizione, per i peperoni, e la bagna cauda, e le acciughe, e l'insalata russa con il tonno, per i funghi porcini e i ravioli del plin con burro e salvia, per i tajarin con il ragĆ¹ di salsiccia, per il brasato e i formaggi con la cugnĆ . Tutti quei sapori forti e semplici che hai assaggiato fin da quando ancora non serbi memoria di averlo fatto, che hai assaggiato talmente tante volte che non te lo ricordi nemmeno piĆ¹ - ma che continueresti a mangiare ancora ed ancora: perchĆ© sanno di casa, perchĆ© sanno di una parte di te che ĆØ quella che ti ritrovi in ereditĆ senza nemmeno rendertene conto, un'ereditĆ che ti tiene ancorata qui, e che a volte ĆØ un piombo che non ti lascia volare via, a volte ĆØ una radice che ti dice a cosa appartieni.
Le domeniche di settembre sono fatte per il vino rosso, sangue di questa terra, sangue forte, che non mente. Scuro e nobile, di una nobiltĆ rustica, contadina, silenziosa e dallo sguardo intenso.
Ti guardi attorno, e capisci perchĆ© qui il vino ĆØ cosƬ buono: fra queste colline, questo verde, questo silenzio che parla, questo cielo che ti abbraccia, questa bellezza dotata di anima, non potrebbe essere altrimenti.
Il Barolo ĆØ il re dei vini piemontesi, oro rosso sublime il cui regno si trova in uno di questi paesini spuntati sulle colline, sfumati dall'ocra al mattone, con le stradine di pavĆ© che salgono tortuose tutto attorno, e ovunque vai un angolo lo trovi dove la vista si buca e ti lascia vedere il verde, le vigne, che sembrano non finire piĆ¹, che sembra non esistere niente altro.
Barolo ĆØ pura Langa.
E' pura Langa mentre ci arrivi scendendo dalle curve a gomito delle colline circostanti e la vedi da lontano, simile a tutti gli altri, ma con qualcosa in piĆ¹.
Il mio primo pensiero, camminando fra le stradine di Barolo, ĆØ che non sembrava nemmeno di essere in Italia per quanto ĆØ curata, pulita e ben tenuta. Di posti belli in Italia ce ne sono un'infinitĆ , ma che siano anche mantenuti con cura ed amore, purtroppo, ce ne sono pochissimi.
Barolo ha edifici color pastello, stradine in salita, gerani alle finestre, enoteche dall'aria saggia e vissuta, turisti da tutto il mondo che passeggiano per i suoi vicoli con un calice in mano e l'aria incantata ed un castello in cima, che abbraccia tutto il panorama e che ospita il Museo del Vino.
Le domeniche di settembre sono fatte per questo.
Per la lentezza, per vagare senza meta. Per aprire gli occhi e vedere quello che c'ĆØ. Per rinchiudere i pensieri a casa fino a lunedƬ. Per dimenticarsi perchĆ© si ĆØ arrabbiati o perchĆ© si ha paura. Per ricordarsi chi si ĆØ e da dove si viene. Per guardare in faccia la propria terra e dirglielo, una volta tanto, quanto ĆØ bella.
Per amare l'estate adesso che se ne sta andando via.
Per guardare lontano dai bastioni del Castello di Barolo e vedere solo colline verdi...
Le domeniche di settembre sono fatte per cercare cose belle. Sono fatte per il sole caldo - non piĆ¹ caldo come prima, come pochi giorni ...
Barolo e le domeniche di settembre
Le domeniche di settembre sono fatte per cercare cose belle.
Sono fatte per il sole caldo - non piĆ¹ caldo come prima, come pochi giorni fa: "Menomale", dici, si gira meglio. PerĆ² quasi non te lo ricordi piĆ¹ com'era il "troppo" caldo, come ti soffocava, come ti appiccicava - e non vuoi ammetterlo, perĆ² un po' ti dispiace. E non vuoi ancora aggiungere uno strato di vestiti.
Ancora vuoi un po' di illusione, finchƩ puoi.
Le domeniche di settembre sono fatte per crogiolarsi in questo sole, in questa illusione che sia ancora estate.
Le domeniche di settembre sono fatte per girare - non troppo lontano, non troppo vicino. Per scoprire qualcosa di nuovo ma non troppo: forse solo una declinazione diversa di quello che giĆ conosciamo, di qualcosa che, in un modo o nell'altro, sentiamo un po' nostro - oppure, semplicemente, un punto di vista diverso.
Le domeniche di settembre sono per andare nelle Langhe - a scivolare dolcemente fra le colline verdi, baciate dal viola dei frutti delle viti e dall'oro pallido del sole timido ma prorompente di inizio autunno.
Le domeniche di settembre sono fatte per i paesini arroccati in cima alle piccole alture tondeggianti di questo angolo di Piemonte, tutti con un campanile e, a volte, con un castello.
Le domeniche di settembre sono fatte per i piatti della tradizione, per i peperoni, e la bagna cauda, e le acciughe, e l'insalata russa con il tonno, per i funghi porcini e i ravioli del plin con burro e salvia, per i tajarin con il ragĆ¹ di salsiccia, per il brasato e i formaggi con la cugnĆ . Tutti quei sapori forti e semplici che hai assaggiato fin da quando ancora non serbi memoria di averlo fatto, che hai assaggiato talmente tante volte che non te lo ricordi nemmeno piĆ¹ - ma che continueresti a mangiare ancora ed ancora: perchĆ© sanno di casa, perchĆ© sanno di una parte di te che ĆØ quella che ti ritrovi in ereditĆ senza nemmeno rendertene conto, un'ereditĆ che ti tiene ancorata qui, e che a volte ĆØ un piombo che non ti lascia volare via, a volte ĆØ una radice che ti dice a cosa appartieni.
Le domeniche di settembre sono fatte per il vino rosso, sangue di questa terra, sangue forte, che non mente. Scuro e nobile, di una nobiltĆ rustica, contadina, silenziosa e dallo sguardo intenso.
Ti guardi attorno, e capisci perchĆ© qui il vino ĆØ cosƬ buono: fra queste colline, questo verde, questo silenzio che parla, questo cielo che ti abbraccia, questa bellezza dotata di anima, non potrebbe essere altrimenti.
Il Barolo ĆØ il re dei vini piemontesi, oro rosso sublime il cui regno si trova in uno di questi paesini spuntati sulle colline, sfumati dall'ocra al mattone, con le stradine di pavĆ© che salgono tortuose tutto attorno, e ovunque vai un angolo lo trovi dove la vista si buca e ti lascia vedere il verde, le vigne, che sembrano non finire piĆ¹, che sembra non esistere niente altro.
Barolo ĆØ pura Langa.
E' pura Langa mentre ci arrivi scendendo dalle curve a gomito delle colline circostanti e la vedi da lontano, simile a tutti gli altri, ma con qualcosa in piĆ¹.
Il mio primo pensiero, camminando fra le stradine di Barolo, ĆØ che non sembrava nemmeno di essere in Italia per quanto ĆØ curata, pulita e ben tenuta. Di posti belli in Italia ce ne sono un'infinitĆ , ma che siano anche mantenuti con cura ed amore, purtroppo, ce ne sono pochissimi.
Barolo ha edifici color pastello, stradine in salita, gerani alle finestre, enoteche dall'aria saggia e vissuta, turisti da tutto il mondo che passeggiano per i suoi vicoli con un calice in mano e l'aria incantata ed un castello in cima, che abbraccia tutto il panorama e che ospita il Museo del Vino.
Le domeniche di settembre sono fatte per questo.
Per la lentezza, per vagare senza meta. Per aprire gli occhi e vedere quello che c'ĆØ. Per rinchiudere i pensieri a casa fino a lunedƬ. Per dimenticarsi perchĆ© si ĆØ arrabbiati o perchĆ© si ha paura. Per ricordarsi chi si ĆØ e da dove si viene. Per guardare in faccia la propria terra e dirglielo, una volta tanto, quanto ĆØ bella.
Per amare l'estate adesso che se ne sta andando via.
Per guardare lontano dai bastioni del Castello di Barolo e vedere solo colline verdi...
About author: Serena Chiarle
Analitica come stile di vita, e data scientist di professione. Introversa e fiera di esserlo, ho come arma preferita il sarcasmo. Viaggio spesso con il pensiero e ogni tanto anche dal vivo. Leggo per legittima difesa e scrivo con premeditazione di reato - oppure per evitare di commetterne. Bevo vino rosso, caffĆ© senza zucchero, parlo con i gatti e fotografo tramonti. Amo le contraddizioni perchĆ© ĆØ cosƬ che funziona.
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Condivido pienamente le immagini di questo paradiso in terra
RispondiEliminaalberto 7
:-)
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