dicembre 23, 2016
Eilean Donan è un simbolo.
Simbolo della Scozia- di ciò che è la Scozia nell'immaginario collettivo, e un po' anche nel mio. Ovvero castelli - antichi, fatti di pietre che se potessero parlare non smetterebbero più di raccontare storie, e pezzi di Storia forse diversi da quanto troviamo scritto sui libri; pietre lisciate dal tempo e dalla pioggia, eppure ancora ruvide, con qualche interstizio largo al punto di permettere a qualche fantasma di entrare, e poi di non voler uscire più.
Ma anche fiordi d'intorno, pendii vecchi come il mondo solcati da rughe scavate sul terreno morbido e torboso, verdi, baciati dalla pioggia grigia, baciati da questo cielo sempre intenso e profondo come una malinconia - che poi scivolano senza nemmeno accorgersene verso l'acqua cupa di qualche loch, e rimangono lì, sospesi a metà fra quest'armonia gemella di cielo ed acqua, amanti cosmici complementari che si specchiano l'uno nell'altra, che diventano riflesso l'uno dell'essenza, del colore dell'altra.
E i castelli della Scozia, sapete, a volte non sembrano nemmeno costruzioni ad opera dell'uomo. Sembrano più un'emanazione del paesaggio mistico e malinconico che li circonda - come se fossero cresciuti direttamente dalla torba dei fiordi, dalla brughiera.
Come se fossero un albero, un frutto di questa terra, fatto di rocce e mattoni anziché di linfa e corteccia. Come se fossero un pensiero solidificato, un respiro diventato cosa.
Eilean Donan, fra tutti questi castelli di Scozia costruiti con pietre, Storia e fantasmi, è indubbiamente quello più famoso.
E' una star del cinema, un divo da calendari, uno scorcio da cartolina.
E, come sempre accade per i simboli, per le icone, c'è sempre qualcuno che fa sgorgare dubbi, che pone sul piatto qualche "Ma": i rappresentanti dei fandom degli altri castelli scartati dalla competizione per questo titolo si domandano perché Eilean Donan sia riuscito a sbaragliare una concorrenza fatta di innumerevoli altri manieri oggettivamente più maestosi o con più Storia e leggende a loro carico.
Fortuna? Marketing?
Entrambi, come sempre.
Anche merito, però.
A me non importa della fortuna e del marketing - Eilean Donan volevo vederlo.
Nel 2014, quando sono stata in Scozia con Tabby Cat, passavamo dalle sue parti; ma inserirlo in itinerario pareva una faccenda logisticamente complicata, e allora lo avevamo lasciato con un punto interrogativo di fianco.
Una possibilità aperta, un'incertezza.
Poi, ad un certo punto, abbiamo avuto una macchina a disposizione. E, il giorno in cui toccava a me guidare, la tentazione è stata troppo forte.
Eravamo sull'Isola di Skye, in realtà - ma Skye è collegata a Dornie, il paesino in cui Eilean Donan sta di casa, con un ponte.
Nulla di più facile.
Basta pecore che sbucano fuori all'improvviso dopo una curva e stradine a doppio senso in cui però passa una macchina sola: imbocco la superstrada, finalmente ingrano la terza e poi addirittura la quarta.
Il braccio sinistro mi fa male perché è fuori allenamento: non è abituato a manovrare il cambio. Adesso per qualche kilometro posso lasciarlo riposare, ma ho le spalle tese: guidare al contrario è più facile del previsto, ma mi provoca comunque un po' di ansia mista a timore reverenziale, e non riesco a godermi il paesaggio.
Ma quando lo vedo, sbucare in fondo, lontano, un po' sfocato dal sole accecante che gli batte contro - mi viene da sorridere.
Come quando incontri per caso una persona che non vedi da tempo. Una persona a cui eri affezionata, intendo. Come quando leggi un libro e trovi un riferimento che ti fa pensare a qualcuno che ti piace. Come quando alla radio mandano una canzone che ti ricorda un momento felice.
Parcheggio davanti ad un paio di casette dai colori sgargianti e ci avviamo, passando attraverso un piccolo tunnel pedonale fatto di mattoni, che puzza di umidità e che ha la pareti tappezzate di scritte inneggianti al "Sì" per l'imminente referendum separatista.
Ed eccolo lì.
Noi sulla terraferma e solo un ponticello che ci separa.
Il simbolo di Scozia.
Piccolo, davvero.
Affascinante, davvero.
Col cielo azzurro, il loch azzurro, i raggi del sole che si magnificano nelle pozze d'acqua tutto d'attorno, abbacinanti come piccoli gioielli, il fiordo verde, l'aria salmastra e tutto ciò che di bello la Scozia ha da offrire.
E tutto ciò che di scozzese la bellezza ha da offrire.
E adesso?
E adesso ci sediamo un po' qua, sulle panche di legno di fronte, a guardarlo. A scrivere cartoline, a parlare, a guardare il sole. A guardare lui nel sole.
A girargli attorno, a fotografarlo da ogni angolazione.
A restare un po' qui, finché pioggia non ci separi.
Sì, piove.
Ho appena scritto che c'era il sole ma piove. La Scozia è così - sbalzi d'umore repentini, tutte e quattro le stagioni nell'arco di sole ventiquattro ore. La Scozia racchiude talmente tante cose che deve farle vedere tutte quante insieme.
Ma ne è valsa la pena.
Perché adesso Eilean Donan non è più soltanto un simbolo della Scozia - è anche un po' un simbolo mio: della mia Scozia, della mia mappa interiore di posti che ho cercato e poi amato.
Di qualcosa in cui anche qualche pezzo di me si riflette - come fa il cielo dentro l'acqua...
Eilean Donan è un simbolo. Simbolo della Scozia- di ciò che è la Scozia nell'immaginario collettivo, e un po' anche nel mio. Ov...
La conquista di Eilean Donan
Eilean Donan è un simbolo.
Simbolo della Scozia- di ciò che è la Scozia nell'immaginario collettivo, e un po' anche nel mio. Ovvero castelli - antichi, fatti di pietre che se potessero parlare non smetterebbero più di raccontare storie, e pezzi di Storia forse diversi da quanto troviamo scritto sui libri; pietre lisciate dal tempo e dalla pioggia, eppure ancora ruvide, con qualche interstizio largo al punto di permettere a qualche fantasma di entrare, e poi di non voler uscire più.
Ma anche fiordi d'intorno, pendii vecchi come il mondo solcati da rughe scavate sul terreno morbido e torboso, verdi, baciati dalla pioggia grigia, baciati da questo cielo sempre intenso e profondo come una malinconia - che poi scivolano senza nemmeno accorgersene verso l'acqua cupa di qualche loch, e rimangono lì, sospesi a metà fra quest'armonia gemella di cielo ed acqua, amanti cosmici complementari che si specchiano l'uno nell'altra, che diventano riflesso l'uno dell'essenza, del colore dell'altra.
E i castelli della Scozia, sapete, a volte non sembrano nemmeno costruzioni ad opera dell'uomo. Sembrano più un'emanazione del paesaggio mistico e malinconico che li circonda - come se fossero cresciuti direttamente dalla torba dei fiordi, dalla brughiera.
Come se fossero un albero, un frutto di questa terra, fatto di rocce e mattoni anziché di linfa e corteccia. Come se fossero un pensiero solidificato, un respiro diventato cosa.
Eilean Donan, fra tutti questi castelli di Scozia costruiti con pietre, Storia e fantasmi, è indubbiamente quello più famoso.
E' una star del cinema, un divo da calendari, uno scorcio da cartolina.
E, come sempre accade per i simboli, per le icone, c'è sempre qualcuno che fa sgorgare dubbi, che pone sul piatto qualche "Ma": i rappresentanti dei fandom degli altri castelli scartati dalla competizione per questo titolo si domandano perché Eilean Donan sia riuscito a sbaragliare una concorrenza fatta di innumerevoli altri manieri oggettivamente più maestosi o con più Storia e leggende a loro carico.
Fortuna? Marketing?
Entrambi, come sempre.
Anche merito, però.
A me non importa della fortuna e del marketing - Eilean Donan volevo vederlo.
Nel 2014, quando sono stata in Scozia con Tabby Cat, passavamo dalle sue parti; ma inserirlo in itinerario pareva una faccenda logisticamente complicata, e allora lo avevamo lasciato con un punto interrogativo di fianco.
Una possibilità aperta, un'incertezza.
Poi, ad un certo punto, abbiamo avuto una macchina a disposizione. E, il giorno in cui toccava a me guidare, la tentazione è stata troppo forte.
Eravamo sull'Isola di Skye, in realtà - ma Skye è collegata a Dornie, il paesino in cui Eilean Donan sta di casa, con un ponte.
Nulla di più facile.
Basta pecore che sbucano fuori all'improvviso dopo una curva e stradine a doppio senso in cui però passa una macchina sola: imbocco la superstrada, finalmente ingrano la terza e poi addirittura la quarta.
Il braccio sinistro mi fa male perché è fuori allenamento: non è abituato a manovrare il cambio. Adesso per qualche kilometro posso lasciarlo riposare, ma ho le spalle tese: guidare al contrario è più facile del previsto, ma mi provoca comunque un po' di ansia mista a timore reverenziale, e non riesco a godermi il paesaggio.
Ma quando lo vedo, sbucare in fondo, lontano, un po' sfocato dal sole accecante che gli batte contro - mi viene da sorridere.
Come quando incontri per caso una persona che non vedi da tempo. Una persona a cui eri affezionata, intendo. Come quando leggi un libro e trovi un riferimento che ti fa pensare a qualcuno che ti piace. Come quando alla radio mandano una canzone che ti ricorda un momento felice.
Parcheggio davanti ad un paio di casette dai colori sgargianti e ci avviamo, passando attraverso un piccolo tunnel pedonale fatto di mattoni, che puzza di umidità e che ha la pareti tappezzate di scritte inneggianti al "Sì" per l'imminente referendum separatista.
Ed eccolo lì.
Noi sulla terraferma e solo un ponticello che ci separa.
Il simbolo di Scozia.
Piccolo, davvero.
Affascinante, davvero.
Col cielo azzurro, il loch azzurro, i raggi del sole che si magnificano nelle pozze d'acqua tutto d'attorno, abbacinanti come piccoli gioielli, il fiordo verde, l'aria salmastra e tutto ciò che di bello la Scozia ha da offrire.
E tutto ciò che di scozzese la bellezza ha da offrire.
E adesso?
E adesso ci sediamo un po' qua, sulle panche di legno di fronte, a guardarlo. A scrivere cartoline, a parlare, a guardare il sole. A guardare lui nel sole.
A girargli attorno, a fotografarlo da ogni angolazione.
A restare un po' qui, finché pioggia non ci separi.
Sì, piove.
Ho appena scritto che c'era il sole ma piove. La Scozia è così - sbalzi d'umore repentini, tutte e quattro le stagioni nell'arco di sole ventiquattro ore. La Scozia racchiude talmente tante cose che deve farle vedere tutte quante insieme.
Ma ne è valsa la pena.
Perché adesso Eilean Donan non è più soltanto un simbolo della Scozia - è anche un po' un simbolo mio: della mia Scozia, della mia mappa interiore di posti che ho cercato e poi amato.
Di qualcosa in cui anche qualche pezzo di me si riflette - come fa il cielo dentro l'acqua...
About author: Serena Chiarle
Analitica come stile di vita, e data scientist di professione. Introversa e fiera di esserlo, ho come arma preferita il sarcasmo. Viaggio spesso con il pensiero e ogni tanto anche dal vivo. Leggo per legittima difesa e scrivo con premeditazione di reato - oppure per evitare di commetterne. Bevo vino rosso, caffé senza zucchero, parlo con i gatti e fotografo tramonti. Amo le contraddizioni perché è così che funziona.
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