Per raggiungere Pinerolo da Torino, col treno si attraversano paesini sparsi fra distese verdi, un po’ distratti e silenziosi come se fossero isole.
Su tutto domina la piramide bianca e imponente del Monviso, che pare galleggi sospesa nel cielo, come un sogno o come un arcangelo a capo delle milizie celesti, che ha deposto spada e armatura e si limita a vegliare con sguardo benevolo, avvolgendo il profilo delle chiese e dei palazzi con le sue ali candide.
Su tutto domina la piramide bianca e imponente del Monviso, che pare galleggi sospesa nel cielo, come un sogno o come un arcangelo a capo delle milizie celesti, che ha deposto spada e armatura e si limita a vegliare con sguardo benevolo, avvolgendo il profilo delle chiese e dei palazzi con le sue ali candide.
Pinerolo ha un cuore medioevale che è nascosto: si riesce solo a intuire quando si arriva dalla stazione o da una qualsiasi delle arterie principali che la collegano col resto del mondo.
Bisogna trovare qualche vicolo un po’ più stretto e selciato con cubetti di porfido, percorrerlo e farsi strada fra i portici a crociera bassi e ombrosi, per riuscire a raggiungere il cuore antico di questa cittadina, quello che conserva la sua Storia in mezzo alle pietre e alle travi.
Il Duomo è dedicato a San Donato di Arezzo e dà le spalle alla Pinerolo moderna per affacciarsi su di una piazzetta pedonale dove batte sempre il sole: i portici la avvolgono come quinte di un teatro, e, con i bar, le pasticcerie e l’edicola che si nascondono sotto di essi, sembrano quasi voler fare da coadiuvanti alla sua funzione di salotto della domenica, di punto d’incontro per chiacchiere e rituali sociali del dopo-messa.
Avere un cuore medioevale significa conquistare la bellezza con una salita. Pinerolo non è da meno: lavia Principi d’Acaja si inerpica verso l’alto, sul fianco del colle San Maurizio.
Mentre i piedi salgono, gli occhi vagano curiosi, attirati dai particolari – dagli affreschi votivi sulle mura dei palazzi ai portoni di legno antichi e sbarrati, dai vitigni che penetrano sotto pelle i muri di cinta ai cortili che nascondono segreti e sorprese. Come il Palazzo degli Acaja, che da anni versa in condizioni di abbandono, e che, a dire il vero, in realtà non è mai nemmeno stato residenza della nobile famiglia di cui gli è stato impropriamente attribuito il nome – ma che ha il fascino malinconico di tutte le cose belle e abbandonate.
Il Colle San Maurizio, durante il Medioevo, era il cuore della vita economica cittadina; ma le abitazioni e i mercati vennero fatti radere al suolo per ordine del Re Sole, che vi fece costruire una fortezza.
La cittadella di Pinerolo divenne celebre anche come carcere, poiché fu una delle prigioni che ospitarono il misterioso detenuto con la Maschera di Ferro – personaggio la cui identità era coperta da un segreto di stato e che scatenò la fantasia letteraria di Dumas e di molti altri.
Tuttavia, quando i Savoia riconquistarono Pinerolo sul finire del XVII secolo, anche la fortezza fu fatta a sua volta radere al suolo – pertanto oggi, a dominare la collina di San Maurizio, è rimasta soltanto l’omonima Basilica, che mescola l’imponenza sobria del Romanico con qualche virtuosismo apportato dai restauri dell’Ottocento.
Tuttavia, quando i Savoia riconquistarono Pinerolo sul finire del XVII secolo, anche la fortezza fu fatta a sua volta radere al suolo – pertanto oggi, a dominare la collina di San Maurizio, è rimasta soltanto l’omonima Basilica, che mescola l’imponenza sobria del Romanico con qualche virtuosismo apportato dai restauri dell’Ottocento.
Questo è il punto di arrivo della ripida salita: la spiritualità della Basilica, l’azzurro del cielo e il bianco delle montagne.
Il cuore medioevale di Pinerolo è ai miei piedi, ammirevole labirinto, con i suoi tortuosi vicoli antichi e la sua lunga storia: lo guardo, respiro, e vengo calamitata dall’azzurro…
Il cuore medioevale di Pinerolo è ai miei piedi, ammirevole labirinto, con i suoi tortuosi vicoli antichi e la sua lunga storia: lo guardo, respiro, e vengo calamitata dall’azzurro…
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