Il mio ufficio, dovete sapere, è disseminato di un numero abbastanza ingiusto di poster e totem di meravigliose spiagge tropicali, con le acque turchine e la sabbia di borotalco: per mia fortuna sono più attirata dalle brughiere selvagge e dalle scogliere tempestose; tuttavia ammetto che a volte dover lavorare di fronte a questi panorami idilliaci sia per certi versi un po’ crudele – ma, del resto, questo facciamo. Nel senso che vendiamo viaggi, intendo, non nel fatto di essere crudeli: se vendessimo prosciutti e avessimo le pareti tappezzate di foto di rosei maialini, allora quello sì che sarebbe crudele.
Ma come al solito sto divagando.
Quello che volevo dire era che, fra queste foto esotiche, ce n’è sempre stata una che mi è rimasta impressa più delle altre: si trova sulla porta di uno degli stanzini in cui ci si può rinchiudere per telefonare, o per pensare in santa pace quando attorno c’è troppo rumore – e raffigura un isolotto circondato da un mare azzurrissimo e collegato alla terraferma da una striscia di sabbia talmente candida da sembrare finta.
Ecco, quell’isolotto si chiama Nosy Iranja e si trova in Madagascar – ma io non lo sapevo.
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Were this world an endless plain, and by sailing eastward we could for ever reach new distances