aprile 13, 2019
Tempo fa qualcuno mi aveva chiesto se credessi o meno nella serendipità - scoperte felici che avvengono per puro caso, mentre stai cercando altro.
Io penso che la questione non sia crederci o meno - la questione è che ti capiti o no.
La mia serendipità più recente è stata in un weekend a Venezia: dicono che sia una caratteristica di tutti gli introversi, quella di voler avere sempre tutto sotto controllo e di pianificare le cose con largo anticipo - non lo so, però di sicuro mia lo è. Ma la serendipità serve appunto a dimostrare che, anche quando i piani saltano e ti sembra di essere stata sfortunata, non sempre è così.
Perché, del resto, ci sono cose che puoi controllare - e altre che, comunque, anche se non puoi controllare, ti permettono di arginarne gli effetti negativi con le giuste precauzioni. Il maltempo, ad esempio - che per quel weekend avevo previsto e tamponato, con ombrelli e giacche pesanti. Poi ce ne sono altre che ti scordi di controllare, e che, magari, anche se avessi controllato, non avresti comunque saputo bene come gestire.
L'acqua alta a Venezia - tanto per dirne una.
La mia serendipità, quindi, è stato il primo treno che andasse altrove.
La mia serendipità è stata Treviso.
Alla stazione di Santa Lucia ci sono turisti orientali con i pantaloni arrotolati e le infradito, nonostante sia quasi novembre.
"Mica mi dirai che sono andati in mezzo all'acqua alta con le infradito??" mi bisbiglia Ginger Cat un po' inorridita.
Passiamo di fianco a due ragazzi che si mostrano sul telefono un paio di foto che si sono scattati con le caviglie a mollo in Piazza San Marco.
"Temo di sì" rispondo, mentre ci avviamo verso le biglietterie automatiche per individuare il primo treno low cost in partenza verso un qualsiasi posto interessante da visitare.
"Treviso come sarà?" - qualche blog sfogliato velocemente mentre già ci avviamo verso i binari ci convince definitivamente, e saliamo sul treno.
"Poi mi sembra di ricordare che qualcuno mi avesse detto che c'è una libreria molto grande"
"Cosa vuoi di più dalla vita?"
Arrivare in treno in una città crea sempre un'aspettativa: l'ubicazione delle stazioni non sempre ti permette di catapultarti immediatamente nel cuore pulsante, più antico, più bello - spesso hai un percorso di avvicinamento, fatto di periferie più o meno anonime, di qualche palazzo signorile ma uguale a tanti altri, di negozi fotocopiati dalla globalizzazione, di baretti con le macchinette per il poker e le patatine del sacchetto nelle ciotole per gli aperitivi.
Li attraversi impaziente, con i sensi allertati per cominciare a captare segni dell'essenza, della personalità di questo nuovo posto con cui stai facendo conoscenza - ma siete ancora solamente ai convenevoli iniziali, e ciò che è al momento è ancora solo un profumo in lontananza che non riesci bene ad identificare.
Ma - se il cuore è il cuore, anche il resto dell'organismo concorre a comporlo, a renderlo ciò che è, e, non appena compare qualcosa di bello, di diverso, lo catturi, lo raccogli come se fosse una conchiglia sulla spiaggia, anche non ha nulla di raro o speciale - ma semplicemente è la prima che vedi.
Nel cuore di Treviso arriviamo varcando una porta - e questo inevitabilmente succede in tutte le città di origine romana, ma trovo che abbia sempre una valenza simbolica: è come trovarsi all'improvviso dentro Narnia, o dentro al Paese delle Meraviglie.
Il centro storico di Treviso forse non ha uno stacco così radicale dal mondo reale rispetto agli esempi romanzeschi citati; però si ha ugualmente la sensazione di entrare in un altro luogo - un posto dove il tempo scorre più lento, dove si fa maggiormente attenzione alle cose belle, dove c'è spazio per l'introspezione, per la poesia, per la contemplazione.
Il cuore di Treviso è come un tesoro medievale rinchiuso in uno scrigno, che sono le sue mura: uno scrigno fatto di vicoli, portici, botteghe, stretti e lunghi palazzi in stile veneziano.
Camminiamo sui ciottoli con lo sguardo all'insù, infilandoci nei vicoli per cogliere i particolari - piccoli dettagli poetici fatti di ciclamini alla finestra, persiane colorate di legno, cortiletti fioriti.
E scopriamo che, a sua volta, anche il cuore di Treviso è fatto di diversi cuori.
Arriviamo in Piazza dei Signori, che è il suo cuore prestigioso, mondano.
E' un salotto curato, dove si fa lustro del proprio potere - in passato con i dibattiti politici, e, anche, esecuzioni e berline; oggi con le boutique griffate, con i caffè eleganti dove la Treviso bene si ritrova a discutere e, un po', anche ad ostentare.
Qui i vicoli, stretti, intimi, fatti di cose belle e semplici, si aprono come un ventaglio - perché questo è il luogo del potere e, quindi, delle public relations, della politica delle interazioni quotidiane. E' un passaggio da introversione ad estroversione, e, pertanto, è fatta di simboli di stato: il Palazzo del Podestà, la Torre Civica e il Palazzo del Trecento.
C'è poi un cuore mistico che è la Piazza del Duomo, ed è più raccolto, con spazi più ristretti in orizzontale - perché l'estensione è in verticale, verso il cielo.
Questi due cuori sono uniti da un'arteria ricca e pulsante che si chiama Calmaggiore - qui di nuovo ci addentriamo in portici, selciato, dettagli, storia e storie.
La celebrità qui è la Fontana delle Tette: oggi zampilla soltanto acqua, come del resto ci si aspetta da una fontana - ma qualche secolo fa, quando c'era da festeggiare l'elezione di un nuovo sindaco, per tre giorni di fila zampillava vino.
Rosso da una tetta, bianco dall'altra - lo yin & yang dell'enologia, per soddisfare tutti i palati: si sa che preferire un rosso corposo e fermo allo spumeggiante e frivolo prosecco è ben più che una questione di gusti - è proprio una filosofia di vita; per quanto poi ci siano occasioni contingenti in cui anche gli amanti del rosso finiscano per optare per un leggiadro calice di bollicine locali.
D'altro canto ce lo insegnano proprio lo yin e lo yang: anche nel nero c'è un po' di bianco - e su dieci bicchieri di nebbiolo, uno di spumante ci va.
Poi mi piace che qui, per degustare un calice (in una normale enoteca, in mancanza di una fontana che lo elargisca a fiotti), si chieda "un'ombra" di vino: è qualcosa che lo fa sembrare apparentemente sottile, impalpabile - ma al tempo stesso anche oscuro, potente, imprescindibile.
Caratteristiche che ben si adattano al nettare degli dei - alla sua somiglianza con il sangue, e con tutte le cose intense che nascondono verità profonde. O che, forse, te le fanno dire.
[Ah, io appartengo al partito del rosso, se non si fosse capito]
Ma Treviso ha ancora un altro cuore - un cuore che se ne sta un po' più in disparte rispetto agli altri, contemplativo, fatto di angoletti intimi, di pezzetti di strada che sono anche un po' versi di poesia: un cuore che sento un po' più mio rispetto a tutti gli altri cuori.
E, del resto, questo cuore è un'isola: la Pescheria, che ospita il mercato del pesce e che ha un po' il potere di fermare il tempo.
Treviso ha come soprannome "Città d'Arte e d'Acqua", ed è qui che se lo guadagna.
Qui in questo labirinto di vicoletti e canali, di ruote di legno dei mulini, di ponti e portici che sono come cornici, di portoni chiusi che racchiudono storie segrete.
E' una bellezza semplice e schietta quella di Treviso, fuori dal tempo, fatta di quel silenzio che non ha bisogno di parole.
Forse è così, del resto, che funziona la serendipità...
Tempo fa qualcuno mi aveva chiesto se credessi o meno nella serendipità - scoperte felici che avvengono per puro caso, mentre stai cerca...
La serendipità di Treviso
Tempo fa qualcuno mi aveva chiesto se credessi o meno nella serendipità - scoperte felici che avvengono per puro caso, mentre stai cercando altro.
Io penso che la questione non sia crederci o meno - la questione è che ti capiti o no.
La mia serendipità più recente è stata in un weekend a Venezia: dicono che sia una caratteristica di tutti gli introversi, quella di voler avere sempre tutto sotto controllo e di pianificare le cose con largo anticipo - non lo so, però di sicuro mia lo è. Ma la serendipità serve appunto a dimostrare che, anche quando i piani saltano e ti sembra di essere stata sfortunata, non sempre è così.
Perché, del resto, ci sono cose che puoi controllare - e altre che, comunque, anche se non puoi controllare, ti permettono di arginarne gli effetti negativi con le giuste precauzioni. Il maltempo, ad esempio - che per quel weekend avevo previsto e tamponato, con ombrelli e giacche pesanti. Poi ce ne sono altre che ti scordi di controllare, e che, magari, anche se avessi controllato, non avresti comunque saputo bene come gestire.
L'acqua alta a Venezia - tanto per dirne una.
La mia serendipità, quindi, è stato il primo treno che andasse altrove.
La mia serendipità è stata Treviso.
Alla stazione di Santa Lucia ci sono turisti orientali con i pantaloni arrotolati e le infradito, nonostante sia quasi novembre.
"Mica mi dirai che sono andati in mezzo all'acqua alta con le infradito??" mi bisbiglia Ginger Cat un po' inorridita.
Passiamo di fianco a due ragazzi che si mostrano sul telefono un paio di foto che si sono scattati con le caviglie a mollo in Piazza San Marco.
"Temo di sì" rispondo, mentre ci avviamo verso le biglietterie automatiche per individuare il primo treno low cost in partenza verso un qualsiasi posto interessante da visitare.
"Treviso come sarà?" - qualche blog sfogliato velocemente mentre già ci avviamo verso i binari ci convince definitivamente, e saliamo sul treno.
"Poi mi sembra di ricordare che qualcuno mi avesse detto che c'è una libreria molto grande"
"Cosa vuoi di più dalla vita?"
Arrivare in treno in una città crea sempre un'aspettativa: l'ubicazione delle stazioni non sempre ti permette di catapultarti immediatamente nel cuore pulsante, più antico, più bello - spesso hai un percorso di avvicinamento, fatto di periferie più o meno anonime, di qualche palazzo signorile ma uguale a tanti altri, di negozi fotocopiati dalla globalizzazione, di baretti con le macchinette per il poker e le patatine del sacchetto nelle ciotole per gli aperitivi.
Li attraversi impaziente, con i sensi allertati per cominciare a captare segni dell'essenza, della personalità di questo nuovo posto con cui stai facendo conoscenza - ma siete ancora solamente ai convenevoli iniziali, e ciò che è al momento è ancora solo un profumo in lontananza che non riesci bene ad identificare.
Ma - se il cuore è il cuore, anche il resto dell'organismo concorre a comporlo, a renderlo ciò che è, e, non appena compare qualcosa di bello, di diverso, lo catturi, lo raccogli come se fosse una conchiglia sulla spiaggia, anche non ha nulla di raro o speciale - ma semplicemente è la prima che vedi.
Nel cuore di Treviso arriviamo varcando una porta - e questo inevitabilmente succede in tutte le città di origine romana, ma trovo che abbia sempre una valenza simbolica: è come trovarsi all'improvviso dentro Narnia, o dentro al Paese delle Meraviglie.
Il centro storico di Treviso forse non ha uno stacco così radicale dal mondo reale rispetto agli esempi romanzeschi citati; però si ha ugualmente la sensazione di entrare in un altro luogo - un posto dove il tempo scorre più lento, dove si fa maggiormente attenzione alle cose belle, dove c'è spazio per l'introspezione, per la poesia, per la contemplazione.
Il cuore di Treviso è come un tesoro medievale rinchiuso in uno scrigno, che sono le sue mura: uno scrigno fatto di vicoli, portici, botteghe, stretti e lunghi palazzi in stile veneziano.
Camminiamo sui ciottoli con lo sguardo all'insù, infilandoci nei vicoli per cogliere i particolari - piccoli dettagli poetici fatti di ciclamini alla finestra, persiane colorate di legno, cortiletti fioriti.
E scopriamo che, a sua volta, anche il cuore di Treviso è fatto di diversi cuori.
Arriviamo in Piazza dei Signori, che è il suo cuore prestigioso, mondano.
E' un salotto curato, dove si fa lustro del proprio potere - in passato con i dibattiti politici, e, anche, esecuzioni e berline; oggi con le boutique griffate, con i caffè eleganti dove la Treviso bene si ritrova a discutere e, un po', anche ad ostentare.
Qui i vicoli, stretti, intimi, fatti di cose belle e semplici, si aprono come un ventaglio - perché questo è il luogo del potere e, quindi, delle public relations, della politica delle interazioni quotidiane. E' un passaggio da introversione ad estroversione, e, pertanto, è fatta di simboli di stato: il Palazzo del Podestà, la Torre Civica e il Palazzo del Trecento.
C'è poi un cuore mistico che è la Piazza del Duomo, ed è più raccolto, con spazi più ristretti in orizzontale - perché l'estensione è in verticale, verso il cielo.
Questi due cuori sono uniti da un'arteria ricca e pulsante che si chiama Calmaggiore - qui di nuovo ci addentriamo in portici, selciato, dettagli, storia e storie.
La celebrità qui è la Fontana delle Tette: oggi zampilla soltanto acqua, come del resto ci si aspetta da una fontana - ma qualche secolo fa, quando c'era da festeggiare l'elezione di un nuovo sindaco, per tre giorni di fila zampillava vino.
Rosso da una tetta, bianco dall'altra - lo yin & yang dell'enologia, per soddisfare tutti i palati: si sa che preferire un rosso corposo e fermo allo spumeggiante e frivolo prosecco è ben più che una questione di gusti - è proprio una filosofia di vita; per quanto poi ci siano occasioni contingenti in cui anche gli amanti del rosso finiscano per optare per un leggiadro calice di bollicine locali.
D'altro canto ce lo insegnano proprio lo yin e lo yang: anche nel nero c'è un po' di bianco - e su dieci bicchieri di nebbiolo, uno di spumante ci va.
Poi mi piace che qui, per degustare un calice (in una normale enoteca, in mancanza di una fontana che lo elargisca a fiotti), si chieda "un'ombra" di vino: è qualcosa che lo fa sembrare apparentemente sottile, impalpabile - ma al tempo stesso anche oscuro, potente, imprescindibile.
Caratteristiche che ben si adattano al nettare degli dei - alla sua somiglianza con il sangue, e con tutte le cose intense che nascondono verità profonde. O che, forse, te le fanno dire.
[Ah, io appartengo al partito del rosso, se non si fosse capito]
Ma Treviso ha ancora un altro cuore - un cuore che se ne sta un po' più in disparte rispetto agli altri, contemplativo, fatto di angoletti intimi, di pezzetti di strada che sono anche un po' versi di poesia: un cuore che sento un po' più mio rispetto a tutti gli altri cuori.
E, del resto, questo cuore è un'isola: la Pescheria, che ospita il mercato del pesce e che ha un po' il potere di fermare il tempo.
Treviso ha come soprannome "Città d'Arte e d'Acqua", ed è qui che se lo guadagna.
Qui in questo labirinto di vicoletti e canali, di ruote di legno dei mulini, di ponti e portici che sono come cornici, di portoni chiusi che racchiudono storie segrete.
E' una bellezza semplice e schietta quella di Treviso, fuori dal tempo, fatta di quel silenzio che non ha bisogno di parole.
Forse è così, del resto, che funziona la serendipità...
Location:
31100 Treviso TV, Italia

About author: Serena Chiarle
Analitica come stile di vita, e data scientist di professione. Introversa e fiera di esserlo, ho come arma preferita il sarcasmo. Viaggio spesso con il pensiero e ogni tanto anche dal vivo. Leggo per legittima difesa e scrivo con premeditazione di reato - oppure per evitare di commetterne. Bevo vino rosso, caffé senza zucchero, parlo con i gatti e fotografo tramonti. Amo le contraddizioni perché è così che funziona.
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Ecco, adesso avrei voglia di essere lì a scoprirla! Va beh, il teletrasporto non c'è, la possibilità di andarci al volo per vie più convenzionali nemmeno... per ora aggiungo il tuo post agli spunti che qua e là mi erano già capitati sotto agli occhi e se la voglia di visitarla è sempre stata altalenante ora è ferma.
RispondiEliminaGrazie per l'ennesimo bel racconto e per gli invitanti scorci fotografici!
Ti auguro di riuscire a trovare presto la possibilità di andarci: è un piccolo gioiello che merita decisamente :)
Eliminabella Treviso. da vedere!!!!
RispondiEliminaSì, decisamente!!
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