Ho sempre pensato che l'America non facesse per me. Mi piace vederla, mi incantano i giochi di specchi grandiosi dei suoi grattaciel...

Lettera a Boston Lettera a Boston

Lettera a Boston

Lettera a Boston


Ho sempre pensato che l'America non facesse per me.
Mi piace vederla, mi incantano i giochi di specchi grandiosi dei suoi grattacieli, alcune sue contraddizioni un po' mi affascinano, un po' mi fan sorridere - ma non fa per me.
Non mi "appartiene".
Troppo grande. Tutto.
Troppo ostentata ed estroversa. Troppa fiducia in sé stessa.
"Yes we can"... eh no, mica sempre.
Corpo da body builder, anima puritana.
Poi...
Poi ci sono andata, ed ho incontrato te.



Ed ho pensato che se l'America era come te, forse, avrebbe anche potuto piacermi.
Piacermi molto.


Ma lo so - l'America non è come te.
Tu sei tu. Sei un anello di congiunzione.
E, con gli anni (e con i viaggi), ho imparato che gli "anelli di congiunzione", i luoghi sospesi a metà, quelli con l'anima divisa, sono quelli che finisco per amare di più.
Forse perché amo le contraddizioni - forse perché nelle contraddizioni c'è speranza, c'è una ricchezza rara e speciale: c'è un'alchimia unica che non potrai mai trovare altrove, e, quando riesci a coglierla, quando riesci a vederla veramente, ti incanta nella sua bellezza.
Ti sembra che parli ad una parte di te che nessun altro riesce a vedere.



Potrei continuare.
A farti complimenti, intendo.
Ma, non so perché, oggi non sono particolarmente in vena di fare complimenti.
Sono stata zitta per tanto tempo e non ho intenzione di sprecare parole a dire cose sensate. Cose che potrebbe dire chiunque.
Parlerò solo di cose insensate. Scriverò cose apparentemente sconclusionate, che hanno un significato solo per me - ma devo scriverle. Per farle uscire fuori.
Per lasciarle andare - forse. O forse per fargli trovare qualche altro significato.
Le parole hanno una proprietà chimica aggregante: quando le sputi fuori confuse e solitarie, poi si compongono da sole in qualcosa di bello. O magari di brutto, ma che sta in piedi.
E in fin dei conti è questo l'importante.
Stare in piedi, se no non si va avanti.



E che cosa centra tutto questo con te? - ti domanderai.
Mah. Niente, appunto.
O forse qualcosa sì.


Ma ti basti sapere che, mentre pensavo le mie parole confuse, mi sei venuta in mente tu - inglese trapiantata in America. Inglese che ha fatto nascere l'America.
Inglese che ha voluto diventare Americana. Così tanto, forse, da dimenticarsi di essere inglese.
Te lo sei dimenticata davvero? Sono cose che si possono dimenticare davvero?
Tu ce l'hai scritto nei tuoi lampioni in ferro battuto dipinti di nero, nelle aiuole rosa & viola di Harvard, nei tuoi mattoni rossi e nei vicoli in salita lastricati di ciottoli di Beacon Hill.


Inglese travestita da Americana. Con un risvolto di tweed sotto il doppiopetto gessato a tradirne l'identità semi-clandestina...
Inglese che cercava la libertà. E vorrei chiederti se alla fine l'hai poi trovata...
Così come vorrei chiederti se ti piace essere così - ibrido di due mondi, un po' gemella diversa di te stessa.
Ma questo è l'obiettivo che tutti dovremmo avere - piacerci. Siamo quel che siamo, e più vado avanti, più viaggio, e più cammino, e più sono convinta che non sia poi così vero che possiamo davvero cambiarci.
E spero che tu ti piaccia, perché te lo meriteresti.


A me piaci molto, per quel che può valere.
Non me ne sono nemmeno accorta subito. Con le città funziona esattamente come con le persone: a volte è un colpo di fulmine, corri in estasi adorando ogni angolo, ogni aspetto, e non ti basta mai - e poi piangi in aeroporto quando le devi lasciare. Altre volte devi lasciare sedimentare le immagini, i ricordi, le sensazioni - farle fermentare, maturare. Come il vino. Come le cose che crescono e mettono radici. E lo capisci quando sei distante, quando ripensi ai dettagli e dici "Avrei voglia di rivederla".
Non solo voglia. Bisogno, quasi.
Per trovare risposta alle domande che nel frattempo ti sono venute. Per rivedere i luoghi con occhi consapevoli. Per scoprirne altri.
Per vedere se davvero il mio istinto ha ragione. Se mi piacerai ancora.
Se mi piacerai di più.
Se mi piaceranno più cose di te.


Non è solo la tua anima inglese a piacermi. E' come convive, come si amalgama con quella americana. Grattacieli e porfido. Vetro, acciaio e linee neoclassiche. Pick up parcheggiati fra i mattoni rossi e l'edera di Beacon Hill.
E' un'Inghilterra ingrandita, un po' pompata, ostentata.
Sì, è vero, io sono allergica alle ostentazioni. Refrattaria, forse, addirittura. Non so nemmeno reclamizzare quello che scrivo. E quando mi fanno i complimenti non ci credo mai.
E secondo me nemmeno a te piacciono tanto.
Infatti non è l'ostentazione che apprezzo, del tuo inconsueto mix. E' il fatto che, volendo, potresti ostentare molto di più. Essere ancora più icona, avere quasi più turisti di New York.
Ma non lo fai.
Ed è questo che apprezzo.


Non hai bisogno di gridare ovunque per dire che sei la più colta. Lo sei. E tutti lo sanno.
Essere potenti ed essere signori - due cose che chi lo è non ha bisogno di dire. E chi lo dice è perché in realtà non lo è.
Soprattutto se il potere si basa sulla cultura, sul sapere. Se è un potere gridato non è vero, è solo un'imposizione, una prevaricazione. Se è gridato non serve.
E in generale non credo che ti piaccia gridare.


Ti ricordo tranquilla, con la tua eleganza pulita, calibrata con gusto fra moderno ed antico - il massimo di antichità che ci possa essere in una città americana. Diciamo classico, forse. Vintage, se vogliamo.
Ti ricordo pacata, di corsa solo fra i viali dei tuoi due polmoni verdi gemelli, o lungo le rive del fiume Charles.
Mi ricordo - e son frammenti - la clam chowder e i lobster rolls, le botteghe di Beacon Hill ed Acorn street fatta in salita, i tramonti sull'acqua ad Harvard, il Freedom Trail e le dimostrazioni della lavorazione del cioccolato, il té nelle scatole di legno, Copley Square di notte, le chiese che si specchiano nei grattacieli.


Mi ricordo - e vorrei tornare.
Le cose vissute a metà si finiscono sempre per idealizzare. Bisogna ucciderle e poi riviverle per capirle davvero.
Per questo vorrei tornare...



"Accadono cose che sono come domande.
Passano giorni, oppure anni, e poi la vita risponde"
(Alessandro Baricco) 

2 commenti:

  1. L'ho sempre pensato anch'io, troppo presa dal mio desiderio di oriente, che l'America non sia adatta a me. In realtà sono sicura che ci lascerei il cuore, mi piacerebbe così tanto che mi prenderebbe la smania di girarla in lungo e in largo e organizzerei più di un ritorno.
    Prima o poi...

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    1. Chissà!
      Ti auguro di avere l'occasione di provarla... magari la detesterai, oppure anche lì riuscirai a trovare qualcosa che ti possa appartenere...

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